giovedì 21 dicembre 2023

The first Nowell e Here we come a wassailing, due nuove armonizzazioni

The first Nowell
Antoine Le Nain, c. 1640
The Adoration of the Shepherds, Angels and Child



Per questo Natale 2023 ho preparato due nuove armonizzazioni di canti natalizi. Il primo è The first Nowell https://www.sheetmusicdirect.com/se/ID_No/1431107/Product.aspx Il secondo è Here we come a wassailing https://www.sheetmusicdirect.com/se/ID_No/1439807/Product.aspx Le due armonizzazioni si possono definire di livello “facile intermedio” per l’esecuzione, che può essere affidata a cori amatoriali anche non particolarmente esperti. The first Nowell è un canto tradizionale inglese, celeberrimo, probabilmente di origine dalla Cornovaglia, antico ma divenuto popolarissimo nell’Ottocento grazie alla raccolta di Christmas Carols del 1823. Racconta dell’annuncio degli angeli ai pastori e dell’apparizione di una stella.
Here we come a wassailing
Wassailing

Here we come a wassailing
risale al XVII secolo e si riferisce all’antica tradizione del wassailing, ossia dell’andare di porta in porta con intento augurale. Il testo dice: Eccoci arrivati all’andare di porta in porta, Tra le foglie così verdi, Eccoci qui a vagabondare, Così bello da vedere. Amore e gioia vengono a te, e anche a te, il tuo ospite, E Dio ti benedica e ti mandi un felice anno nuovo.
Per questo Natale 2023 ho preparato due nuove armonizzazioni di canti natalizi.

Christmas Carols
Correggio, Adorazione dei pastori, 1530, Dresda


giovedì 7 dicembre 2023

Elementi di didattica e pedagogia musicale per i 60 cfa Conservatorio


Una breve presentazione del mio libro "Elementi di didattica e pedagogia musicale", edito da Rugginenti a Milano nel 2019, si può vedere ed ascoltare a questo link.

Sono grato al dr. Gianni Rugginenti per aver seguito personalmente la stesura di quest'opera, dedicata in particolare alla preparazione del concorso a cattedre nelle scuole secondarie (ex 24 cfu, ora 60 cfu).

Il testo comprende:

  • breve storia della didattica e della pedagogia generale:
  • attualità del pensiero e della pratica pedagogica;
  • breve storia della didattica e della pedagogia musicale;
  • la situazione odierna della educazione musicale in Italia;
  • metodi e problemi della didattica musicale. 

Inoltre vi sono due appendici:

  • un percorso breve di educazione musicale nella scuola primaria;
  • musica e Bibbia nella scuola.

Il libro si può acquistare su Internet in vari siti:

https://www.rugginenti.it/website/it/edizioni/item/4177-elementi-di-didattica-e-pedagogia-musicale

https://www.volonte-co.com/website/it/edizioni/item/4026-elementi-di-didattica-e-pedagogia-musicale

https://www.amazon.it/Elementi-didattica-pedagogia-musicale-Sfredda/dp/8876652582

https://www.libreriauniversitaria.it/elementi-didattica-pedagogia-musicale-sfredda/libro/9788876652585

https://www.strumentimusicali.net/product_info.php/products_id/116645/elementi-di-didattica-e-pedagogia-musicale.html

https://www.libraccio.it/libro/9788876652585/nicola-sfredda/elementi-di-didattica-pedagogia-musicale.html

https://www.birdlandjazz.it/it/vendita-biografie-jazz/45768-elementi-di-didattica-e-pedagogia-musicale.html

https://www.ibs.it/elementi-di-didattica-pedagogia-musicale-libro-nicola-sfredda/e/9788876652585

https://www.erretimusica.it/didattica/7867-sfredda-n-elementi-di-didattica-e-pedagogia-musicale-9788876652585.html



mercoledì 29 novembre 2023

Esperienze di arteterapia. Un affresco nella Parrocchiale di Strigno

 

Vorrei fare un esperimento: osservare un'immagine e, senza previe informazioni, produrre una reazione istintiva, che si fonda prevalentemente sulle valenze simboliche dell'immagine e quindi sull'impatto che essa ha sull'inconscio.

Il punto di partenza è quindi un'immagine che si contempla in silenzio e che in tal modo comunica già qualcosa al nostro inconscio.

Ho già trattato questo argomento nel post che ho intitolato Animali e oggetti nella iconografia cristiana antica: simboli o segni? e che invito a rileggere.

Applico dunque un  metodo di lavoro in cinque punti: 

  1. Guardando l’immagine, sia nell’insieme che nei dettagli, faccio un brainstorming di reazioni istintive e non riflessive: esprimo quindi come l’inconscio reagisce all’immagine

  2. Nel caso di personaggi umani, è utile anche l’immedesimazione: sguardo, postura, gesti, eventuali movimenti evocati dall’immagine fissa

  3. Cerco informazioni sull’immagine osservata. Per quanto riguarda ad esempio le immagini sacre esposte nelle chiese, spesso si trovano informazioni sul web o anche in pieghevoli stampati e distribuiti nella chiesa stessa. Ma non sempre si trova uno di questi riferimenti: in tal caso occorre fare ulteriori ricerche. Molto spesso, ovviamente, le immagini si riferiscono a storie bibliche o ecclesiastiche note, ed anche i simboli utilizzati esplicitamente si danno per noti. 

  4. Riflessione: interrelazioni semantiche fra i punti 1, 2 e 3.

  5. Conclusione: cosa ho capito di me stesso mediante questa immagine?

Ovviamente l'esperimento è più efficace se la persona coinvolta non ha già un bagaglio di informazioni che in qualche modo condizionino la reazione istintiva. Ad esempio: un esperto di arte sa già riconoscere il significato dei simboli nelle immagini. Invece la procedura è efficace se i simboli comunicano direttamente all'inconscio, senza il filtro della competenza culturale. In ogni caso, comunque, occorre lasciare all'istinto la possibilità di rispondere in modo immediato, senza riflessione razionale.

Sant'Agostino e San Girolamo

Ho fatto una esperienza domenica 26 novembre 2023, visitando la Chiesa Parrocchiale di Strigno, nel comune di Castel Ivano in Valsugana (Trentino). Ho scelto un'immagine quasi a caso (anche in questa scelta mi sono fatto guidare dall'inconscio) e mi sono soffermato su un affresco posto in fondo alla navata, alla destra dell'altare. Riporto dunque le mie impressioni istintive, immediate.

Ci sono due personaggi a figura intera. Entrambi hanno l'aureola. Quello a destra ha anche un grande cappello, che mi suggerisce l'idea di una espressione di autorità. Quello a sinistra invece è senza cappello. Inoltre quello a sinistra è evidentemente molto più giovane perché ha la barba scura, mentre invece quello a destra ha la barba bianca

Mi interessa notare che quello a destra porta nelle mani un grosso volume che potrebbe essere la Bibbia oppure un messale. E quello a sinistra, invece, non ha niente in mano, ma fa dei gesti con le mani, come se stesse contando e quindi forse in questo senso stesse dando istruzioni oppure chiedesse istruzioni. Essendo più giovane, probabilmente si riferisce al fatto che l'altro ne sappia più di lui. 

Poi noto anche i vestiti, che sono molto diversi, anche se entrambi molto autorevoli. Perché se è vero che quello di destra è tutto vestito di rosso e ha quest'aria da persona molto autorevole, quello di sinistra ha però anch'egli un abbigliamento molto significativo, evidentemente sacerdotale e pieno di croci. E quindi? Insomma, in un certo senso potrebbe essere lui la persona più competente fra i due. 

Poi ci sono ovviamente gli sguardi, lo sguardo del giovane è molto vivo, è pieno di vivacità, ma anche di preoccupazione, di desiderio, il desiderio di imparare, probabilmente. Mentre quello di destra ha uno sguardo meno limpido, a me d'istinto non piace, e anche il suo naso non mi piace: mentre il naso di quello di sinistra è un naso importante, ma bello, quello di destra invece ha questa forma adunca che lo rende a me istintivamente antipatico; e soprattutto ha questo sguardo che, come percepisco, potrebbe anche essere lo sguardo di una persona ambigua, o che comunque voglia esprimere altezzosamente la sua superiorità. 

Però è anche vero che sta rivolto verso il giovane e quindi forse invece semplicemente vuole ascoltare quello che lui sta dicendo. 

Quindi i casi sono due, o il giovane sta chiedendo lumi oppure sta dando una sua interpretazione, che l'anziano ascolta con molto interesse, e forse con diffidenza. Insomma, io parteggio più per il giovane, però, forse guardandolo bene, anche questo anziano non mi sembra poi così malvagio. E soprattutto anche lui è aureolato, quindi probabilmente nell'intenzione del pittore non c'era una distinzione di merito fra i due.

Fin qui il mio istinto. Ora, per procedere, dovrei trovare le informazioni "oggettive" che, in questo caso, mancano.  Perciò, prima di procedere con i punti 4 e 5 del mio metodo di lavoro, devo acquisire le informazioni necessarie. Ho dunque consultato altre fonti e soprattutto mi sono rivolto ad un paio di persone esperte, che mi hanno fornito utilissime delucidazioni. 

L'affresco rappresenta Sant'Agostino (a sinistra) e San Girolamo (a destra).  Nella realtà storica la differenza di età tra i due non era così grande, perché Agostino era nato nel 354, mentre di Girolamo si presume la data di nascita nel 347, comunque morto nel 420. Tra i due ci furono controversie importanti, quindi sarebbe legittima l'interpretazione del quadro come ipotizzato, ossia che Agostino esprima la sua idea e Girolamo ascolti con sospetto e senza approvazione. 

Le numerose croci nella tonaca di Agostino potrebbero esprimere la vicinanza tra cielo e terra, ossia la convinzione del pittore che Agostino sia nel giusto più di Girolamo, come già evidenziato dagli sguardi.

Le mani di Agostino esprimono sicuramente il desiderio di capire e di conoscere, ma anche forse di affermare la sua idea in contrapposizione al  suo interlocutore. 

L'abito rosso e il cappello a tesa larga di Girolamo esprimono ovviamente la sua condizione di cardinale (i vestiti non si riferiscono al tempo dei due santi, ma a quello del pittore), e quindi la sua presunta superiorità, sancita anche dalla barba bianca e da quello sguardo che io avevo intuito come autoritario.

La Bibbia è un attributo tipico di San Girolamo, in quanto traduttore in latino delle Scritture.

Ho così stabilito delle connessioni fra il mio istinto e le informazioni oggettive, ossia quelle interrelazioni semantiche che possono condurmi al punto 5 del mio lavoro, cioè a rispondere alla domanda cruciale (e terapeutica): cosa ho capito di me stesso mediante questa immagine?

mercoledì 22 novembre 2023

Mignolina, musica per una fiaba di Andersen


Nella mia attività di compositore, che si è sviluppata nel corso degli anni in modo un po’ marginale, ma costante,
rispetto alle prevalenti attività di pianista e di docente, la fiaba musicale Mignolina rappresenta una situazione particolare, per la sua continuità di riprese, anche con numerose varianti e adattamenti, e per il continuo favore incontrato presso il pubblico. 


Questo lavoro rappresenta il mio desiderio di accostarmi al mondo dell'infanzia, che riflette da un lato il ricordo delle emozioni della mia personale esperienza di bambino, e dall’altro la mia vicenda di paternità con mio figlio Davide e di insegnamento ad innumerevoli discenti di varie età. 

Il nucleo originale consisteva in undici piccoli pezzi per arpa, costruiti anche con un preciso intento di didattica strumentale. Preparai successivamente una Suite di cinque pezzi per orchestra da camera, poi ancora una versione in forma scenica di otto pezzi, tre dei quali con coro di bambini (voci bianche), che cantano testi da me ideati sulla musica preesistente. Oltre alla voce recitante, che racconta la fiaba, fu prevista la partecipazione di mimi che interpretavano il racconto durante l'esecuzione delle musiche. 

In queste varie vesti la fiaba è stata rappresentata in varie sedi.

Un continuo work in progress, dunque, che accompagna la mia vita da oltre trent’anni. La versione definitiva che ora presento completa la Suite orchestrale del 1994 e l’ampliamento successivo del 1998 con la strumentazione degli altri pezzi dall’originale per arpa e inserisce stabilmente questo strumento nell’organico orchestrale, recuperando quindi l’idea primigenia, in una sintesi che riassume tutte le esperienze successive di adattamento. 


L’arpa, col suo sistema di accordatura eptatonico, ha ispirato le scelte musicali; i pezzi si basano infatti su scale eptatoniche di vario tipo, che sono funzionali alla rappresentazione dei vari personaggi: la dolcezza di Mignolina e della sua amica rondine da un lato; il carattere grottesco, impertinente dei personaggi antagonisti, dall’altro: dall’orribile rospa al vacuo maggiolino, dalla petulante topa al goffo e noiosissimo talpone, tutti personaggi che vorrebbero condizionare e orientare la vita affettiva della protagonista, senza peraltro riuscirvi, perché il suo destino è segnato da una Provvidenza che l’accompagna verso una meta luminosa e serena. 


Questo è il fine terapeutico delle grandi fiabe, come illustrato da psicoanalisti insigni come Bruno Bettelheim, e come ho cercato umilmente e con amore di rappresentare con la mia musica. 

La composizione di Mignolina mi è cara anche perché, nel suo farsi, ho potuto vivere anche "fisicamente" ed "emotivamente" l'esperienza della creatività, di cui a posteriori posso analizzare le dinamiche. Ricordo quel mattino di sabato 7 novembre 1992, in cui le idee musicali mi avevano coinvolto in una dimensione di particolare benessere e felicità. Questo è il mio augurio per tutti i compositori e il mio invito pedagogico per i giovani. 

Questa composizione non è un ricalco stilistico di autori del passato, ma un frutto della mia umanità e della mia sensibilità e passione musicale, nutrita dalla quotidiana pratica di esecutore, ascoltatore e docente. 

La scrittura strumentale è volutamente semplice, destinata ad un’orchestra di ragazzi. I procedimenti compositivi, melodici, ritmici e polifonici, mi sembrano utili anche sotto l’aspetto specifico della didattica musicale per i giovanissimi. 



Ho sempre avuto un interesse particolare per il mondo della letteratura per l’infanzia, dovuto al riconoscimento dell’importanza pedagogica delle fiabe. La scelta di Andersen mi fu suggerita da motivi affettivi e anche intellettuali, entrambi necessari per ogni scelta. 


Dal punto di vista affettivo, sono i ricordi della mia infanzia, le risonanze emotive, il piccolo libro illustrato che leggevo insieme alla mia sorella maggiore Annalisa; le suggestioni delle immagini innanzitutto, in particolare quella della rondine, che ha una forza di rappresentazione simbolica molto forte; e poi il personaggio dolcissimo, "puro di cuore", evangelico, della bimba protagonista. Da ciò deriva anche la mia più matura adesione intellettuale al soggetto. 

Queste sono dunque le ragioni per le quali sono particolarmente legato a questo mio lavoro. 

Infine, Mignolina è anche la storia di un mio piccolo ma significativo successo di pubblico. Chi può negare che anche questa gratificazione faccia bene alla salute? Non potrebbe mentire a se stesso neppure il più freddo e il più duro fra i razionalisti. 

Per chi volesse leggere ulteriori dettagli su questa composizione, allego l’Introduzione alla partitura: Introduzione a Mignolina





venerdì 1 settembre 2023

Una lezione su "Sì, mi chiamano Mimì", da "La Bohème" di Giacomo Puccini

Puccini

Una lezione su "Sì, mi chiamano Mimì", dal primo atto dell'opera "La Bohème" (Torino, 1896)  di Giacomo Puccini (1858-1924), si può ascoltare al link https://youtu.be/hGTC_1_hXgM.

La lezione, che si è svolta al Conservatorio di Mantova il 15 giugno 2023, era rivolta a due studenti cinesi (una cantante e una pianista) e per questo motivo è stato adottato uno stile espositivo particolarmente attento alla difficoltà di comprensione linguistica.

Si tratta di una lezione di Pratica del Repertorio Vocale, quindi non si occupa di problemi di tecnica vocale, ma si concentra sulla comprensione del testo e sull'osservazione dello spartito musicale.

La Bohème

Il breve video si divide in tre parti. Nella prima spiego brevemente il contesto narrativo dell'opera, sottolineando in particolare il fatto che la trama si svolge in epoca contemporanea all'autore e quindi non descrive situazioni mitiche o storiche, bensì rappresenta la quotidianità del vivere di alcuni personaggi e la loro vocazione alla "bohème", ossia ad uno stile di vita tutto orientato alla cura della propria arte, con libertà e dedizione assoluta, anche se con grandi difficoltà economiche. 

Puccini Giacosa Illica
Da sinistra: Puccini, Giacosa, Illica

La seconda parte del video è dedicata alla lettura del testo, di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa, con osservazione dei sentimenti che vi sottendono e spiegazione dei termini più difficili (ad esempio "chimere", ossia le fantasticherie dell'immaginazione che non trovano riscontro nella realtà, ma che alimentano la vita degli artisti).

Giacomo Puccini

La terza parte, infine, è dedicata ad una breve analisi musicale, soprattutto dal punto di vista interpretativo: si nota la cura dettagliatissima di Puccini nelle indicazioni dinamiche ed agogiche, che pertanto l'interprete è tenuta a rispettare; e l'importanza della scrittura strumentale (orchestra, e conseguente riduzione per pianoforte), che non si limita all'accompagnamento ma costruisce insieme al canto il discorso musicale ed a volte lo conduce, trascinando nel crescendo emotivo la voce stessa.

Ricordo il link al video: https://youtu.be/hGTC_1_hXgM.

lunedì 10 luglio 2023

Intelligenza artificiale e alienazione

Arrivano i direttori d'orchestra robot. Siamo ben lontani, certamente, dal significato reale di questo lavoro, che è di altissimo livello intellettuale, artistico, spirituale. Ma probabilmente i progettisti credono che questo mestiere consista soltanto nel dare il tempo, e magari gli attacchi, come del resto fanno anche molti giovani direttori attuali, affascinanti forse più dai guadagni e dalla notorietà, che dallo studio tenace, assiduo e severo, quello studio incessante che caratterizzò, a suo tempo, i Bruno Walter, i Bernstein, i Karajan.

Recentemente una autorevole rivista ha pubblicato una notizia analoga e forse ancora più inquietante: in una chiesa cristiana della Germania (non importa di quale confessione) per la prima volta è stata sperimentata la possibilità di una funzione liturgica con predicazione, interamente gestita da una "Intelligenza Artificiale" ("Artificial Intelligence", acronimo AI). In uno schermo posto al centro della chiesa vari avatar (ossia la rappresentazione virtuale di persone umane) hanno intonato canti e preghiere, ed inoltre uno di questi ha predicato sul testo biblico della domenica.

I partecipanti, circa trecento persone, sembra abbiano apprezzato, nonostante la monotonia delle voci, le "espressioni facciali neutre" e l'eloquio a volte troppo veloce. Il 98% della funzione è stato creato dalla macchina e il ricercatore che l'ha ideata ritiene che ciò possa "liberare un po' di tempo e rendere più semplice il lavoro quotidiano".  Ad alcuni partecipanti è sembrato che, oltre alla voce monotona, al predicatore mancassero "cuore ed anima". Possiamo immaginarlo...

L'ideatore del predicatore -robot afferma anche che "l'AI si impadronirà sempre più delle nostre vite".  Ecco, "si impadronirà": verbo significativo, infatti deriva dal sostantivo "padrone", un concetto che ovviamente implica dei "sudditi" e mette in discussione il valore fondamentale della libertà.

Leggendo questa notizia, la prima e più banale osservazione che mi viene di fare riguarda l'economia del tempo che questa trovata produrrebbe nel lavoro pastorale: tutto ciò potrebbe indurci ad una riflessione un po' rozza sulla voglia di lavorare, oppure una più approfondita sul senso della vocazione pastorale, e ancora oltre, sul senso di una vita umana che, definitivamente liberata dalla fatica del lavoro, potrebbe vedersi ridotta ad un dolce far niente, ossia nel consumismo sempre più vorace di ogni prodotto.

Per quanto riguarda i canti, essendo io musicista e docente di musica, so bene quanto siamo lontani ancora da un prodotto informatico soddisfacente, con la tecnologia attuale; ma, al di là di questo, una volta privati dell'emozione di cantare con la nostra gola e di suonare con il nostro corpo, cosa ci rimarrà del nostro rapporto con la musica? Solo una fruizione passiva, presumo e temo.

Per la predicazione, mi pare che questo intervento della AI vada incontro ad un'idea di performance pastorale nella quale già da tempo si confondono la funzione liturgica della predicazione e quella cattedratica della lectio magistralis; ma anche in questo caso, la macchina verrebbe a sostituire quell'elemento di creatività personale che comunque pertiene sia alla predicazione pastorale, sia alla dotta lezione accademica.

Un  pericolo poi molto preoccupante è che la liturgia perda definitivamente il suo carattere di relazione con il Trascendente (che è un bisogno fondamentale di ogni essere umano) e si riduca ad una dimensione di "consumismo ecclesiastico", in tutto analoga ad ogni altra forma di consumismo, da quello alimentare a quello ludico a quello sessuale. 

Immancabile, da parte dei sostenitori entusiasti di questi esperimenti, il riferimento al genio di Galileo e alla persecuzione che la sua opera di ricerca scientifica dovette subire. Ma a me pare, appunto, un equivoco: nell'entusiasmo per il "nuovo" si perde di vista lo scopo per il quale una ricerca scientifica dovrebbe sempre essere condotta. Se intendessimo il "progresso" come valore in se stesso, allora potremmo guardare ad ogni evoluzione tecnologica, qualunque essa sia, come valore. Ma se pensiamo, ad esempio, al "progresso" che dalla fionda ha portato alla bomba atomica, ci è lecito dubitare di questo valore, inteso in modo assoluto ed acritico, e sospettare che non tutto ciò che si perfeziona tecnicamente è utile e benefico per l'umanità. Sappiamo invece quanto l'umanità sia portata ad un uso perverso e malefico anche delle migliori innovazioni.

In tempi recenti abbiamo assistito ad una mitizzazione della scienza, che è assurta quasi ad idolo, oggetto di un culto religioso che, a ben vedere, rappresenta una contraddizione in termini, negando infatti la funzione principale della scienza, che è la ricerca assidua, e che certamente non ha lo scopo di trascendere i valori fondanti dell'umanesimo.

Il robot viene presentato come dotato di una intelligenza tale da essere in grado di "distinguere il bene dal male", il che è particolarmente inquietante, se pensiamo ai rischi di una manipolazione preventiva, secondo la quale il programmatore (diabolico) potrebbe prestabilire cosa effettivamente sia bene e cosa sia male: una tentazione antica quanto l'uomo.

Siamo di fronte ai rischi del "transumanesimo", ossia ad una visione del mondo che sembra voler ormai prescindere dalla presenza umana, può farne a meno, e innanzitutto può fare a meno di ciò che maggiormente qualifica l'umanità, ossia la possibilità di porsi in relazione con il mondo, con la natura, e con i propri simili.

Lo sbocco inevitabile del transumanesimo è l'alienazione, ossia la scissione della persona umana da se stessa, fagocitata da enti superiori che, in ultima analisi, traggono profitto dalla disumanizzazione del mondo, come già avvertivano Marcuse e tutti i sociologi della scuola di Francoforte. E infatti il termine stesso "alienazione" sembra ormai scomparso dal linguaggio corrente, così come scomparsi dal dibattito pubblico tutti coloro che ne hanno avvertito i pericoli e la tragicità, da Marx al citato Marcuse, da Freud a Jung, da Gunther Anders a Erich Fromm.

E quindi la nostra società sta andando rapidamente nella direzione tragicamente prefigurata da George Orwell nel suo capolavoro, "1984", ancora oggi definito "distopico", come quando fu scritto nel 1949, anche se invece sembra quasi che la realtà voglia ora superare la tormentata fantasia dell'autore, che già prevedeva ed ha così ben descritto la catastrofe disumanizzante.

Siamo circondati, soggiogati ed anche sedotti dalle app, dai pass, dagli spid, tutte prove di funzionamento di quel sistema di credito sociale, già ben attivo in alcuni paesi, secondo il quale i diritti fondamentali (quelli ad esempio così esemplarmente esposti dalla Dichiarazione Universale) sono definitivamente sottoposti all'obbedienza a prescrizioni imposte dall'alto, dal Potere economico; e sono imposizioni che possono sembrare giuste e necessarie (ed in alcuni casi forse lo sono) ma che, in un sistema generalizzato, potrebbero anche diventare orrori, come descritto da Orwell nel suo vecchio ed attualissimo romanzo.

Tornando all'esempio del celebrante liturgico, molti, soprattutto nel cristianesimo riformato, sono felici di trovare in questa AI un efficace antidoto contro il "pericolo" della sacralizzazione del rito. Preoccupazione ingenua, considerato che la sacralizzazione è un meccanismo insito nell'inconscio di ogni persona, e quindi pensare di riuscire ad evitare la sacralità del rito significa solo spostare il proprio bisogno di trascendenza su altri oggetti, su altri idoli, inconsapevolmente.

Di fronte a questi scenari, abbiamo il dovere di difendere la nostra umanità, combattere ogni forma di alienazione, da quella storica, sociale, a quella psicologica, fino a queste nuove minacce tecnologiche. Dobbiamo mantenere viva la nostra capacità di costruire relazioni, col mondo, con la natura, con i nostri simili; dobbiamo preservare e coltivare la nostra intelligenza emotiva e la nostra capacità di empatia.

Dobbiamo tornare a capire il valore dei ministeri, nelle chiese: la saggezza dell'anziano, il servizio del diacono, l'intelligenza pregna di umanità e di creatività del predicatore, la passione assidua del ricercatore e dello studioso.

E, se siamo musicisti, dobbiamo preservare il valore di una esecuzione umana su strumenti meccanici, che respirano con il nostro respiro e rispondono sensibilmente al nostro tocco, alla nostra pressione, all'alito del nostro fiato. Dobbiamo salvaguardare la relazione umana, intellettuale ed affettiva, che si instaura tra musicisti che suonano e cantano insieme, ed anche tra i musicisti e un direttore che li guida con mano sapiente, donando alla comunità la sua arte, che è fatta di intelligenza, di cuore, di gesti del proprio corpo. Dobbiamo salvare la dimensione umana della musica, come ci hanno insegnato i grandi di ogni epoca.

Infine, dobbiamo custodire, curare, coltivare la nostra anima, la spiritualità interiore che appartiene ad ogni essere umano, sia esso credente o non credente: perché essa è un bisogno profondo, è costitutiva della nostra natura, è l'essenza più intima e profonda della nostra vita.


mercoledì 14 giugno 2023

La scrittura polifonica nella musica pianistica di Schumann

Schumann
 In questi giorni ho studiato ed eseguito il ciclo di Lieder Frauenliebe und Leben op. 42 (1840) di Robert Schumann (1810-56), uno dei capolavori della produzione vocale da camera del grande compositore tedesco, sommo esponente del Romanticismo musicale

La scrittura pianistica di questi Lieder appare semplice, ma nasconde delle insidie: è un esempio di "finto facile", come amo definirla scherzosamente con i miei allievi.

Trovo importanti analogie con lo Jugendalbum op. 68 (1848), la raccolta di quarantatre pezzi per la gioventù, pensati con un duplice fine didattico: avvicinare i giovani studiosi alla poetica romantica e sviluppare progressivamente le loro capacità di tocco pianistico. 

Riflettendo su quale sia la maggiore difficoltà che si incontra nella musica pianistica apparentemente "facile" di Schumann, ho pensato che essa consista nella continua alternanza di una scrittura accordale con una elaborazione polifonica, che a volte fa addirittura pensare idealmente ad una esecuzione organistica.

Schumann Jugendalbum
Questa trama polifonica è sviluppata, nello Jugendalbum, con una progressività veramente didattica.

Già nel numero 3, Trällerliedchen, notiamo nella mano destra, alle battute 9-16, il prolungamento della durata della voce superiore, che pur inserita nella figurazione in bicordi spezzati affidati alla mano destra, deve emergere con una qualità di tocco cantabile che la distingue dall'accompagnamento:

Schumann Jugendalbum

Nel numero 12, Knecht Ruprecht, lo stesso procedimento appare in forma un po' più complicata, anche perché l'andamento è più veloce:

Schumann Jugendalbum

In Mai, lieber Mai, numero 13, troviamo piccole polifonie e compare per la prima volta il principio dell'imitazione tra le due mani:

Schumann Jugendalbum

In Erster Verlust, numero 16, la mano sinistra utilizza subito un piccolo procedimento polifonico; poi, nella parte centrale, la scrittura procede per imitazione ed è impostata su tre voci:

Schumann Jugendalbum

In Kleiner Morgenwanderer, numero 17, l'esposizione del tema, vigorosamente ritmico, è subito trattata in imitazione:

Schumann Jugendalbum

 In Schnitterliedchen, numero 18, la scrittura della mano destra è costantemente impegnata a due voci:

Schumann Jugendalbum

In Kleine Romanze, numero 19, la melodia è raddoppiata all'ottava e in entrambe le mani troviamo la compresenza di canto e accompagnamento:

Schumann Jugendalbum

Nel pezzo senza titolo numero 21 lo stesso procedimento è affidato prevalentemente alla mano destra, in modo più complesso:

Schumann Jugendalbum

In Rundgesang, numero 22, la scrittura è prevalentemente a quattro voci, anche se con momenti accordali:

Schumann Jugendalbum

Nel pezzo senza titolo numero 26 abbiamo nuovamente canto e accompagnamento nella stessa mano:

Schumann Jugendalbum

Il numero 27 introduce addirittura il procedimento del canone:

Schumann Jugendalbum

Nel numero 30, senza titolo, la scrittura polifonica è usata in modo vario nelle due mani:

Schumann Jugendalbum

Il Thema, numero 34, è a quattro voci:

Schumann Jugendalbum

Nel numero 40 troviamo una piccola fuga (Kleine Fuge), preceduta da un preludio che ricorda lo stile delle Invenzioni di Bach:

Schumann Jugendalbum

E poi ancora, al numero 42, ecco un "corale figurato" (Figurirter Choral), omaggio alla tradizione barocca tedesca, con il tema tratto dal Salterio ginevrino del XVI secolo che, nella sua forma di corale semplice, Schumann aveva già usato nel numero 4 della stessa raccolta, e che qui viene trattato in modo "figurato", ossia inserito in una fitta trama polifonica:

Schumann Jugendalbum

Quindi, una vera e propria progressione didattica, che porta i giovani studenti, alla fine della raccolta, ad avere una piena consapevolezza della scrittura polifonica e delle sue potenzialità a livello di gestione varia e complessa del tocco pianistico, perché ogni voce della trama richiede una sua specifica caratterizzazione sonora.

Schumann Lieder
La stessa concezione, intesa non più in modo didattico, ma unicamente finalizzata all'espressione del testo poetico, la ritroviamo nel ciclo di Lieder Frauenliebe und Leben. 

Già nel primo Lied, Seit ich ihn gesehen, la scrittura accordale si alterna a figurazioni polifoniche, evidentemente derivate da un pensiero organistico, e al tempo stesso funzionale alla miglior resa del legato pianistico:

Schumann Frauenliebe und Leben

Nel secondo Lied, Er, der Herrlichster von allen, troviamo un esempio di polifonia "virtuale": in realtà la scrittura è una semplice melodia accompagnata, ma il continuo mutare di registro della melodia crea l'effetto acustico di una successione di entrate in imitazione; l'esecuzione è abbastanza complessa, anche per la necessità dell'incrocio tra le mani:

Schumann Frauenliebe und Leben

Nello stesso Lied, la coda finale del pianoforte si avvale nuovamente di una scrittura polifonica:

Schumann Frauenliebe und Leben

Nel quarto Lied, Du Ring an meinem Finger, la scrittura della mano destra è polifonica e le ottave nella mano sinistra accentuano la suggestione del suono organistico, perché sembrano evocare il pedale d'organo:

Schumann Frauenliebe und Leben

Infine un ultimo esempio, nelle battute conclusive del settimo Lied, An meinem Herzen, dove il pensiero compositivo di Schumann sembra quasi forzare la naturalezza della esecuzione pianistica:

Schumann Frauenliebe und Leben

In questo caso suggerisco una differente disposizione delle note tra le due mani, che semplifica molto l'esecuzione di questo passaggio, a prima vista un po' macchinoso:

Schumann Frauenliebe und Leben

"Finto facile", dunque, ma estremamente formativo per ogni giovane pianista, oltre ad essere un mondo incantato di bellezza e di ideale artistico che non può non toccare ogni animo sensibile.


giovedì 23 marzo 2023

Edvard Grieg. Ein Traum. Breve analisi musicale

Lieder

Ein Traum 
(En Drøm) op. 48 n. 6
 fu composto da Edvard Grieg nel 1889, su testo del poeta tedesco Friedrich von Bodenstedt (1819-92), a sua volta pubblicato nel 1864.

Nel precedente post ho brevemente descritto il testo poetico, la sua forma letteraria e la traduzione in lingua italiana. Ora analizzo brevemente la composizione musicale di Grieg, soprattutto dal punto di vista formale, con qualche breve indicazione sull'armonia e sulla scrittura strumentale e vocale.

Abbiamo visto che il testo poetico consiste in cinque quartine di novenari a rime alternate. Nella musica, le cinque strofe corrispondono ad una forma musicale A1, A1, B, C, A2. In altre parole, la prima e la seconda strofa sono quasi uguali (con una importante modifica di tessitura nella parte pianistica), e perciò le indichiamo con la stessa sigla A1; la terza è diversa, perciò la indichiamo con B; la quarta ancora diversa, e quindi la indichiamo con C; infine la quinta strofa riprende in modo evidente la struttura di A, però con importanti differenze, perciò la indicheremo con A2. Questo impianto formale assicura all'ascoltatore la percezione di una coerenza interna, sulla quale il compositore opera il suo grande climax espressivo che porta ad un punto culminante proprio nelle ultime battute del pezzo.

Il pezzo, nella tonalità originale di Re bemolle Maggiore (nel repertorio cameristico sono abituali le trasposizioni in base alla tessitura del cantante), consta di 52 battute, in tempo 3/4 e indicazione di movimento Andante.

Possiamo schematizzare la forma del pezzo in questo modo:

  • Una battuta di introduzione del pianoforte, in Re bemolle Maggiore (battuta 1)
  • A1: otto battute in Re bemolle Maggiore (bb. 2-9)
  • Una battuta di interludio del pianoforte (b. 10)
  • A1: otto battute in Re bemolle Maggiore (bb. 11-18)
  • Una battuta di interludio del pianoforte (b. 19)
  • B: otto battute, modulanti da Mi Maggiore a Re, Do, Si bemolle (bb. 20-27)
  • C: dodici battute, modulanti da Re bemolle Maggiore a Sol bemolle Maggiore (bb. 28-39); notare bene la ripetizione della parola nimmermehr (mai più); da questa sezione comincia un grande "stringendo e crescendo", culminante nella sezione successiva
  • A2: dieci battute in Re bemolle Maggiore (bb. 40-49)
  • Tre battute di coda del pianoforte, in Re bemolle Maggiore (bb. 50-52)

L'armonia di Grieg è particolarmente ricercata, nell'uso di accordi alterati e complessi che sono scelti anche per la loro fascinazione timbrica. Ad esempio, proprio nelle prime 6 battute, in Re bemolle Maggiore, troviamo a b. 3 l'accordo sol bemolle - la bequadro (che possiamo interpretare come si doppio bemolle) - re bemolle - fa, ossia una settima sul IV grado con terza abbassata:

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poi a b. 4 sol bequardo - si bemolle - re bemolle - fa, ossia nuovamente un IV grado con fondamentale alzata:

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a b. 5 nuovamente l'accordo di b. 3:

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e infine a b. 6 il ritorno in tonica: si tratta dunque di un movimento cromatico delle parti interne, mentre il basso mantiene saldamente la tonica e la voce superiore del pianoforte mantiene il fa, che potremmo definire un pedale di terza. 

Altro passaggio interessante tra le battute 19 e 20: l'accordo di La bemolle Maggiore di b. 19 conduce direttamente al Mi Maggiore di b. 20; si tratta del procedimento di accostamento di due toni lontani per transizione (cfr. Piston, Armonia,  cap. 14, p. 229: "Un tipo di transizione abbastanza comune nel diciannovesimo secolo è lo spostamento cromatico, da una tonalità ad un'altra, un semitono più in alto"); in questo caso, dopo la tonica di La bemolle, ci potremmo aspettare un I di Mi bemolle (V di La bem.) e invece a sorpresa troviamo il I di Mi Maggiore, ossia un semitono sopra:

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Segue una lunga progressione cromatica discendente, che tocca Re Maggiore, Do Maggiore, Si bemolle Maggiore, per poi arrivare (b. 28) alla dominante del tono base di Re bemolle. 

A questo punto, pur con varianti armoniche, notiamo la ripresa di A, come detto, nella quale l'aspetto musicale più importante è il poco a poco stringendo e crescendo che rappresenta il climax, davvero carico di sensualità, del pezzo. 

Notevole, a sostegno dell'acuto culminante del canto a b. 47, l'uso dell'accordo di V con la tredicesima. ossia la bemolle - do - mi bemolle - sol bemolle - fa:

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Sono interessanti anche alcuni aspetti di scrittura strumentale e vocale: ad esempio, abbiamo visto che le battute 11-18 sono sostanzialmente una ripetizione delle battute 2-9, e perciò abbiamo dato la stessa sigla A1; tuttavia la ripetizione non è uguale, perché la tessitura del pianoforte è spostata un'ottava sopra.

Una figurazione caratteristica nei brevi interludi del pianoforte, alle battute 10 e 19, richiama gli stilemi della musica popolare, assai cara al nostro autore:

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Infine, un dettaglio piccolo ma significativo: a b. 3, l'edizione ci mostra un asterisco sul la bequadro del canto, che rimanda ad una nota in calce, nella quale è scritto sehr weich, ossia molto morbido (o anche tenero); è strano che non l'abbia indicato sul rigo musicale, sembra quasi una puntualizzazione marginale o posteriore, ma esprime un aspetto espressivo importante: le prime frasi sono dolcissime, poi già nella ripetizione di A1 il cambio del tessitura al pianoforte impone anche al cantante un cambio di carattere, una sorta di preparazione al climax successivo. Ma qui siamo già nell'ambito dell'interpretazione, per la quale rimando ad un breve post successivo.


sabato 18 marzo 2023

Edvard Grieg, Ein Traum. Il testo di Bodenstedt

 Ein Traum (En Drøm) op. 48 n. 6 è un Lied composto da Edvard Grieg nel 1889, su testo del poeta tedesco Friedrich von Bodenstedt (1819-92), a sua volta pubblicato nel 1864. Nella edizione di Grieg appaiono sia il testo originale tedesco, sia la traduzione in norvegese, curata da Johan Nordahl Brun Rolfsen.

Si tratta dell'ultimo di un ciclo di sei Lieder. Evoca un sogno d'amore che si realizza felicemente anche nella realtà.

Vorrei presentare questa bella composizione in modo molto didattico. In questo post analizzo il testo poetico.

Friedrich von Bodenstedt
Friedrich von Bodenstedt (1819-92) fu uno scrittore poliglotta e viaggiatore, conobbe la Russia, la Persia e l'America, con la volontà di approfondire la conoscenza delle culture di questi paesi, a partire dalla lingua.

In questa poesia aderisce ad un tema tipico della letteratura romantica tedesca, il rapporto tra sogno e realtà, qui risolto in termini positivi, senza indulgere ad elementi di malinconia nostalgica. 

La ripetizione di alcuni versi esprime un carattere popolaresco.

La poesia è costituita da cinque quartine di novenari in rima alternata.

Ecco il testo della poesia, con mia traduzione a fronte:

Procedo ora ad una traduzione parola per parola, ossia farò una traduzione letterale che ci permetta di cogliere la collocazione grammaticale e sintattica, ma anche il significato specifico di ogni parola, cosa assolutamente necessaria per il cantante, anche qualora non fosse di madrelingua tedesca. 




Nel prossimo post spiegherò come il compositore utilizza questa forma poetica, vestendola con una forma musicale.