In questa opera recente, Carrozzini prende spunto in particolare da alcune opere di Modest Musorgskij (1839-1881), compositore che nella sua genialità estrosa ed imprevedibile si presta in modo particolarmente efficace ad esemplificare l'assunto enunciato.
Il testo è in realtà una narrazione autobiografica, avvincente e appassionante come un romanzo, e nella sua ricca articolazione presenta molteplici piani di lettura. E' il racconto di una tragica vicenda familiare, inquadrata in un contesto politico estremamente drammatico, ossia gli anni immediatamente successivi alla conclusione della seconda guerra mondiale; anni nei quali l'instaurarsi della "guerra fredda" e della "caccia alle streghe" imposta dalla politica degli Stati Uniti va a colpire persino persone assolutamente oneste e moralmente ineccepibili, addirittura ex partigiani decorati, per il solo motivo di essere militanti comunisti e perciò sospettabili di attività spionistiche, peraltro non provate. Così accade che il padre dell'Autore abbia passato ben cinque anni nel carcere di Gaeta, allontanato senza motivo dal suo lavoro e, cosa ancora più grave, dagli affetti familiari. Ulteriore dramma fu costituito dal defilarsi dei compagni comunisti. Il titolo è riferito all'attesa accorata della liberazione, espressa dal prigioniero nel suo diario, mentre il sottotitolo mette in evidenza l'ingiustizia patita da lui e dai suoi congiunti.
Fortissima, in questo libro, è la componente affettiva ed emotiva di questa esperienza personale, vissuta dall'Autore tra i 7 e i 12 anni di età. Partendo da questo racconto si possono approfondire i valori e il significato profondo del legame tra un padre e un figlio maschio, senza peraltro che siano trascurate le bellissime figure femminili della madre e della sorella maggiore.
In tutto questo, è fondamentale la presenza della musica, la sua capacità unica di creare legami tra le persone, oltre ad infinite risonanze simboliche, vero specchio dell'anima.
La psicoanalisi risponde al bisogno di "fare un lavoro personale, individuale, per cercare di sciogliere, di chiarire alcuni nodi" che ogni persona può sentire "pesanti" nella propria vita (p.13). I sogni ricorrenti, collegati ai ricordi mediante le libere associazioni, sono le chiavi di lettura per far riemergere ciò che abbiamo celato, perché "si censura e si omette sempre qualcosa, consciamente o inconsciamente" (p.17). Ma "il nostro inconscio tiene sempre i conti" (p. 23) e quindi inevitabilmente le cose più nascoste in qualche modo riaffiorano sempre: sta ad una buona terapia, unita alla buona volontà del soggetto, la capacità di sciogliere i nodi. Dobbiamo essere consapevoli del fatto che "ogni avvenimento della nostra esistenza si leghi e si colleghi ad altri e ad altri ancora, in un intreccio difficilmente immaginabile e ipotizzabile" (p.24). L'Autore ci avverte: "Rivangare il passato, ripercorrerlo e metterlo in ordine credo sia utile ad ognuno di noi" (p. 31). In realtà "non si sa mai con esattezza cosa raccoglie e cosa contiene il nostro inconscio... quanto numerosi e quanto vari... i fili che compongono la matassa dei nostri vissuti personali. Fili dai colori disparati, di fibre differenti, di robustezza e di fragilità diseguale. Ma le matasse, se ben lavorate, possono produrre abiti belli ed eleganti. Se mal lavorate possono dare indumenti goffi e grossolani." (p.33). La classica "posizione supina favorisce lo stato di distensione e abbassa le resistenze consentendo, in tal modo, l'affiorare dei 'temi' profondi, spesso celati in accartocciate pieghe del nostro inconscio" (p.33). Il lavoro su se stessi può portare a trovarsi di fronte alle domande più difficili: "Chi sono io? Chi è mio padre? Chi sono i miei genitori? Cos'è il mio esistere? Che senso ha?" (p.70). L'obiettivo finale è che "il rigido dualismo tra conscio e inconscio" possa "essere superato. Anzi, le due parti possono ben integrarsi ed agire in armonia" (p.37).
Mediante questo lavoro di analisi e autoanalisi, l'Autore evidenzia la possibilità di concentrarsi sulla relazione tra il soggetto e i propri genitori, in particolare nei primi anni dell'infanzia, "ricordi che mettevano in luce le straordinarie qualità umane di mamma e papà e i loro solidi valori legati alla famiglia, alla libertà e all'indipendenza" (p.34). Da ciò deriva una forza che riesce a trascendere la drammaticità degli eventi. E la "montagna spaccata" di Gaeta, "è diventata più forte proprio là dove si era creata la spaccatura", così come "la nostra famiglia si è ancor più unita dopo la violenta e ingiusta separazione", per cui "la nostra forza è nata là dove parevano annidarsi tante fragilità" (p.94).
C'è anche una bella riflessione sulla differenza fondamentale tra bisogni profondi e desideri indotti: "Se i nostri desideri sono guidati dalla pubblicità e dal consumismo non sono più i desideri 'nostri', sono i desideri pilotati dall'esterno. Questo è uno dei motivi per cui nel mondo attuale vi è frustrazione, noia e scontento: perché non riusciamo ad avere tutto ciò che la società consumistica ci propone giorno e notte" (p.72).
E il tempo, "cos'è il tempo? Il tempo può dilatarsi e restringersi molto velocemente, in modo assolutamente irrazionale, così come può correre velocissimo o apparire fermo e immoto" (p. 47). Già in questa affermazione siamo vicini all'esperienza musicale e al suo misterioso, inestricabile intreccio con il nostro vissuto profondo. "Nel lasciar emergere a ruota libera ricordi particolarmente significativi ed emotivamente pregnanti, ci si può identificare con essi così profondamente, dal punto di vista affettivo, che l'inconscio fatica a vivere contemporaneamente il presente e il passato. E ciò succede quando il passato, con tutto il vissuto ad esso relativo, ha ancora una forte rilevanza nel mondo emotivo" (p.83).
Frontespizio della prima edizione (1886, post.) dei "Quadri di un'esposizione" di Musorgskij, opera pianistica composta nel 1874 |
Anche il silenzio è carico di significato, proprio come le pause nelle opere musicali: "un silenzio carico di emozioni, un silenzio lungo, lunghissimo, o forse brevissimo? Un silenzio palpitante, intenso, commovente, che esprimeva tantissimo, anzi per noi esprimeva tutto quello che c'era da esprimere. Ancora altri abbracci, più eloquenti di mille parole" (pp.87-88). Sappiamo invece come la nostra società sia inquinata da questo eccesso ossessivo di parole e dalla presunzione di riuscire ad esprimere tutto con le parole.
Viktor Hartmann (1834-73), La grande porta di Kiev |
Perciò l'Autore può affermare che "il sogno mi ha permesso di rivivere straordinari momenti che io avevo vissuto con mio papà: quello da ragazzo a Gaeta e quelli da bambino quando ascoltavamo assieme la musica. In particolare il mio inconscio ha associato ai 'quadri di un'esposizione', la mia visita al carcere di Gaeta... ho visto mio padre 'esposto'... Anche noi eravamo 'esposti' a lui come lui lo era a noi...". Perciò può concludere affermando che "l'inconscio lavora dentro di noi, tiene i conti e segue le sue leggi, leggi che sono diverse da quelle della razionalità, e che, per contro, intrecciano vissuti, passioni, paure, angosce, desideri, fantasie, bisogni, aspirazioni ed altro ancora. Si tratta di un linguaggio diverso, 'emotivo', ed è per questo motivo che sognano anche i bambini piccolissimi, sognano i feti nel ventre materno e sognano gli animali superiori" (pp.96-97).
E ancora: "Non c'erano parole. chi 'parlava' era la musica con il suo linguaggio simbolico ed emotivo" (p.97).
Francisco Goya, Sabba |
In conclusione, l'Autore ci insegna che l'esperienza terapeutica, o anche autoterapeutica, può veramente guarire le nostre ferite, è un "cammino all'interno di noi stessi" (p. 102): "Le mie emozioni si stavano trasformando, stavano uscendo dalle paludi dell'inerzia e si slanciavano verso la vita... Vita nuova... Io stesso mi sentivo più forte e più deciso. Cominciavo a percepire che avevo dentro di me delle armi che mi sarebbero servite per combattere le avversità e le difficoltà della vita" (p.95). "Dai dolori più atroci e profondi, alla gioia di vivere che spesso nasce dalla sofferenza. Ed è forse in queste straordinarie trasformazioni che si annida il segreto della pace interiore" (p.122). Con l'aiuto fondamentale della musica, della grande musica, ad esempio di quella straordinaria di quel genio sofferente, imprevedibile, fuori da ogni logica razionale (proprio come in apparenza ci sembrano i nostri sogni), davvero onirico, quale è stato Modest Musorgskij.
(Nota: la versione corale di Una notte sul Monte Calvo, forse meno conosciuta del poema sinfonico, si può ascoltare a questo link: https://www.youtube.com/watch?v=a_0FpKjpi6Q)
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In calce alla traduzione in inglese di questo post si può leggere un commento di Renzo Luca Carrozzini, autore del libro recensito http://playingsingingwellness.blogspot.com/2020/02/music-symbolic-and-emotional-language.html?m=1
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