Prendiamo un esempio, dalla "Cavalleria Rusticana" di Mascagni (1890) e specificamente l'introduzione orchestrale al Coro "Gli aranci olezzano".
La riduzione pianistica che si usa abitualmente è quella classica, realizzata da Leopoldo Mugnone per l'edizione originale Sonzogno del 1891. Notiamo che già nella prima esposizione del tema principale la melodia è raddoppiata all'ottava, mentre la mano sinistra esegue un accompagnamento a parti late che richiede continui salti tra il basso e le parti interne.
Successivamente, in corrispondenza con la prima entrata del coro, la scrittura è ancora più massiccia, in particolare nella mano sinistra.
Non si possono fare eccessive semplificazioni per "facilitare" la parte pianistica, perché ciò andrebbe a precludere l'effetto di evocazione del suono orchestrale: non è possibile, ad esempio, eseguire la melodia con tasti singoli, eludendo il raddoppio di ottava e il riempimento in accordi in alcuni momenti di appoggio. Infatti, se osserviamo la partitura d'orchestra, notiamo che inizialmente il tema è dato a tutti gli archi, con raddoppi di ottava tra violini (primi e secondi all'unisono, più l'oboe 1) e viole all'unisono coi violoncelli. L'effetto è già vigoroso e ben sostenuto nel suono, come si può facilmente notare all'ascolto.
Nella successiva ripresa, all'entrata del coro, la scrittura orchestrale si fa ancora più massiccia, con l'entrata di tutti i fiati (comprese le squillanti trombe), disposti addirittura su tre ottave, mentre l'accompagnamento è scandito da percussioni e tuba (oltre ai bassi degli archi e dei fiati) e in particolare con i pesanti accordi dei tromboni.
Tutto ciò non si può rendere con un suono leggero e cameristico, ma con un suono potente e massiccio, benché sempre morbido e mai sforzato. La suggestione del suono orchestrale deve accompagnare l'idea sonora del pianista, pronto ad accompagnare anche un grande coro, in questa pagina festosa e luminosa che non lascia presagire ancora l'imminente tragedia che sarà raccontata nell'opera.
Possiamo ascoltare una bella esecuzione orchestrale, diretta dall'autore stesso nel 1940 al Teatro alla Scala di Milano, a questo link.
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Il maestro di sala, colui che suona tutte le prove musicali e di regia utilizzando uno spartito canto e pianoforte, è un lavoro affascinante ed estremamente complesso dovendo cercare di imitare, per quanto sia possibile, il suono e gli effetti dell'orchestra, un tutti rinforzato e vigoroso o un pizzicato di bassi e celli, un assolo delle viole con accompagnamento ecc... Non si può dire a priori cosa si debba o no suonare, è certo che le riduzioni canto e pianoforte spesso solo inesegubili (basti pensare a Strauss e Wagner) l'unica cosa che davvero serve ed è utile ad un maestro di sala è l'esperienza, tante ore di studio e tanta abnegazione al lavoro. Parlo con cognizione di causa avendo la fortuna di fare questo lavoro da 18 anni.
RispondiEliminaCertamente, spesso gli adattamenti sono necessari perché le riduzioni pianistiche sono scritte in modo macchinoso. In questo esempio di Mascagni la parte è pianisticamente impegnativa, ma senz'altro eseguibile ed efficace
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