mercoledì 14 dicembre 2022

Fede e ragione

 In una autorevole rivista di una importante istituzione accademica leggo un numero risalente al 2008, che tratta questo tema, con alcuni contributi di studiosi cattolici e protestanti. 


Il problema, ci avverte la rivista, già ben vivo nel dibattito medievale, si sviluppa con il materialismo filosofico di matrice illuminista, spesso animato da fervore polemico anticristiano ed antireligioso, da un lato, contrapposto ad una sorta di paura della modernità, evidenziata spesso sul fronte cristiano. Perciò i saggisti della rivista, che sono teologi cristiani, cercano un punto di convergenza fra le due posizioni estreme, accogliendo anche le provocazioni della "parte avversa" per quanto possano rappresentare uno stimolo all'approfondimento della tematica. 

In particolare, due studiosi, uno cattolico ed uno protestante, cercano di sviscerare il problema, partendo da una attenta lettura delle posizioni contrarie alla fede, che oggi vengono definite "atee, agnostiche e razionaliste" e rivendicano il ruolo centrale della scienza nel cercare di rispondere a tutte le domande urgenti che sono poste alla coscienza degli abitatori di questo pianeta. 

Fa un po' sorridere che entrambi gli studiosi prendano come riferimento non solo autori di alto spessore culturale e scientifico, ma anche personaggi che devono la loro fama prevalentemente all'esposizione mediatica nei talk show, cosa che un po' sminuisce il valore del dibattito: sappiamo bene, infatti, come i mass media, la televisione innanzitutto ed attualmente i social networks, diano visibilità a personaggi di vario tipo e spessore, spesso onnipresenti, ma non per questo motivo accreditabili di particolare considerazione nel dibattito culturale più alto. Tuttavia, entrambi i nostri studiosi citano in particolare uno di questi personaggi, attribuendogli evidentemente una autorevolezza significativa.


I due saggi si caratterizzano per una esposizione che intende rispondere alle obiezioni degli "atei razionalisti" (obiezioni, invero, a volte banalizzanti, rispetto alla complessità del problema) affermando che fede e scienza possono convivere, in una visione moderna e laica della vita e dei problemi umani, specialmente di quelli sociali, che coinvolgono in vario modo lo sviluppo tecnologico: pensiamo ad esempio ai progressi della scienza medica.

Vengono trattate le più consuete argomentazioni: dal semplice agnosticismo, che si limita ad affermare la non necessità di Dio nell'argomentazione scientifica, alla più complessa trattazione del problema del male nella creazione e della sofferenza innocente; non manca poi il riferimento al classico argomento psicologico, secondo il quale la religiosità sarebbe la risposta ingenua a bisogni e desideri irrisolti, in alternativa al piano della coscienza razionale. L'irrazionalità della fede dovrebbe condurre invece ad una "sana accettazione della finitudine", ossia all'ateismo. La ragione, mitizzata (quasi religiosamente?) nel suo potere di discernimento, potrebbe arrivare a dimostrare l'inesistenza di Dio. 


Questa affermazione mi fa venire in mente una vecchia vignetta sovietica degli anni Sessanta, nella quale era raffigurato un astronauta che, sorridendo dallo spazio, affermava: "Qui Dio non c'è!": un esempio di banalizzazione del problema, tipico peraltro di ogni propaganda di regime, che è portata a semplificare per sedurre facilmente il pubblico. 

A fronte di questi argomenti, può essere evidenziata la natura dinamica della conoscenza scientifica, che non è data una volta per tutte, ma rappresenta una continua evoluzione, tra ricerca, conferme e smentite. In conclusione, dunque, fede e ragione potrebbero coesistere, senza essere necessariamente contrapposte. Il teologo protestante, poi, ci tiene a sottolineare la "vocazione adulta" della fede, il modello del "cristiano maggiorenne, in grado di rendere conto della propria fede". 


Due aspetti sono ignorati dai due teologi, nel loro tentativo di coniugare fede e ragione, tradizione e modernità. Innanzitutto ignorano che la ragione illuminista è stata messa in crisi, definitivamente, dalla psicoanalisi, che ha affermato la presenza di un inconscio che condiziona i nostri comportamenti ben al di là del controllo razionale; ma, come ho già esposto nel post precedente, la teologia cristiana contemporanea continua ad ignorare, o addirittura a disprezzare, le acquisizioni della psicoanalisi (che, tra l'altro, nel suo approccio metodologico è a tutti gli effetti una scienza). 


Il secondo argomento del tutto ignorato dai due studiosi è il fatto che la scienza, la ricerca, lo sviluppo incessante della tecnologia sono condizionati dal Potere economico: sono ben lontani i tempi delle "magnifiche sorti e progressive", che già il Leopardi, nella prima metà dell'Ottocento, irrideva come illusioni. Siamo invece in un'epoca nella quale il trionfo del capitalismo condiziona fortemente le scelte della scienza, la quale, tutt'altro che libera, è asservita agli interessi del potere economico, come ci insegnava già cinquanta anni fa Foucault. La scienza non è un principio astratto, non è un valore assoluto, ma è una situazione in continua mobilità (ciò che è nella sua natura, altrimenti diventa a sua volta un mito, da seguire con approccio religioso), e purtroppo su questa mobilità agisce e interferisce l'interesse materiale del Potere economico. Siamo purtroppo nel tempo del transumanesimo: il tempo in cui l'uso perverso della scienza e lo sviluppo incontrollato della tecnologia portano ad escludere e trapassare i bisogni umani essenziali. La mitizzazione della macchina, vera religione laica e materialista del nostro tempo, comporta l'alienazione della persona umana e la perdita di ogni valore umanistico. Questa, mi pare, dovrebbe essere la prima preoccupazione sia degli atei razionalisti, sia dei teologi cristiani: su questo terreno dovrebbero confrontarsi e, magari, allearsi. 

Invece, quest'ultimo aspetto è del tutto ignorato dai due teologi. così come dai loro colleghi atei: e non è un caso che tutti insieme, atei e cristiani, si siano ritrovati, anni dopo, schierati con atteggiamento militante, a difendere un settore parziale della scienza, contrapposto ad un altro, addirittura sventolando la bandiera della testimonianza etica, come se l'etica stessa potesse essere ricondotta ad un principio assoluto, e dunque, ancora una volta, religioso, nel senso deteriore e davvero antiscientifico della parola. "Credo nella scienza" è il nuovo slogan oggi di moda: ma, a ben vedere, è un ossimoro.

Infine li ritroviamo insieme, questi due teologi e gli stessi referenti atei con i quali avevano dialogato nel 2008, a rincorrere oggi la tragica escalation bellicista, come se lo scontro fra due superpotenze fosse un conflitto tra "buoni" e "cattivi". E così, teologi cristiani e atei razionalisti si ritrovano, a braccetto, a riproporre le antiche, "cristianissime" e "razionali" crociate. 


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