venerdì 3 marzo 2023

La musica classica, ormai, non la segue più nessuno?

 Nell'epoca di Internet e dei social networks ogni persona può esprimere liberamente con un post o un commento il proprio personale punto di vista. Ciò è molto bello (la libertà di ognuno di potersi esprimere liberamente) e presenta ovviamente l'altra faccia della medaglia: si legge di tutto e a volte i "punti di vista" sono molto opinabili.

Recentemente mi è capitato di leggere un commento che più o meno suonava così: "La musica classica, ormai, non la segue più nessuno".

Beethoven
Beethoven

Innanzitutto potremmo intrattenerci a lungo sull'aggettivo "classica", che è stato dibattuto per anni e anni (esiste anche un bel video del giovane Bernstein sull'argomento) e vorrei chiarire che questo aggettivo è insoddisfacente, dice qualcosa ma non abbastanza. Forse potrebbe essere soddisfacente se dessimo alla parola uno dei suoi significati pregnanti, ossia (secondo il vocabolario Treccani online): "perfetto, eccellente, tale da poter servire come modello di un genere, di un gusto, di una maniera artistica, che forma quindi una tradizione o è legato a quella che generalmente viene considerata la tradizione migliore". Può andare bene? A me pare un'ottima definizione a livello teorico, ma il punto è: chi stabilisce cosa è perfetto, eccellente, quale può essere la tradizione migliore? In realtà, ognuno ha la sua risposta e quindi tale definizione è insoddisfacente. 

Se andiamo sul portale della SIAE, ci viene indicato il genere "serio" come alternativo al jazz o al pop, ma evidentemente questa definizione ci fa sorridere.

Forse potrebbe essere più neutro un aggettivo legato alla storicità della musica, quindi musica "storica", ossia del passato, contrapposta a quella del presente: ma in questo caso si perde la distinzione tra musica di valore e musica scadente, perché entrambe, se appartengono al passato, possono definirsi "storiche".

E nemmeno ci può andare bene un concetto di musica "complessa", contrapposto a "semplice", perché anche questo è trasversale ai generi e alle epoche storiche.

Lasciamo dunque stare gli aggettivi qualificativi e, tornando al commento del frequentatore di social citato sopra, soffermiamoci un attimo sul carattere apodittico della sua affermazione: egli è sicuro, certo, che la musica classica, "ormai", non la segua più nessuno. Apodittico, sempre secondo Treccani, è il tono di una "persona che parla, giudica o argomenta in tono dogmatico, dando alle sue parole un carattere di validità assoluta". Questi moderni strumenti di comunicazione, anziché favorire il dialogo e lo scambio rispettoso di opinioni, hanno alimentato la tendenza alle affermazioni apodittiche: siamo tutti professori di Dogmatica, ovviamente prendendo riferimento dagli influencer, ossia da quei personaggi senza curriculum, che con grande abilità hanno imparato ad utilizzare questi strumenti attuali per imporsi nella società, basando appunto la loro comunicazione sulla perentorietà delle affermazioni, senza lasciare spazio al dialogo, al confronto, all'analisi critica. Ne abbiamo visti esempi molto evidenti anche nell'ultima edizione del maggiore evento massmediatico italiano. Oppure pensiamo al modello pessimo dei talk show televisivi, dove ognuno urla la propria verità e nessuno ascolta l'opinione dell'interlocutore.

Socrate
Socrate

Socrate
non è più di moda. Sembra non avere più valore il suo metodo fondamentale, ossia porre domande, anziché confezionare risposte. Porre domande innanzitutto a se stessi, e poi ai propri interlocutori: questo dovrebbe essere l''unico metodo efficace per avvicinarsi alla verità, pur nella certezza di non poterla mai possedere interamente. La società contemporanea, al tempo dei social networks, ignora Socrate e predilige il modello dogmatico. La cosa mi spaventa molto, perché conduce direttamente all'autoritarismo e ai regimi totalitari, anche se abilmente mascherati con la parvenza del buonismo e della preoccupazione per il bene comune. 

Auden
W.H.Auden

"Il male senza voce prese a prestito il linguaggio del bene e lo ridusse a mero rumore", scrisse il poeta Wystan Hugh Auden (1907-1973). 

Aragon
Louis Aragon

E Louis Aragon (1897-1982): "Conosco molte persone che sono nate con la verità in tasca, che non si sono mai sbagliate ... Costoro sanno cosa è il Bene, l'han sempre saputo. Verso il prossimo mostrano la severità e il disprezzo che provengono dalla assoluta certezza di avere sempre ragione. Io non sono così ... Ciò che ho imparato mi è costato caro, ciò che so l'ho acquisito a mie spese. Non posseggo una sola certezza che non mi sia costata dubbi, angoscia, sudore, dolorose esperienze. Per questo ho rispetto per coloro che non sanno, che cercano, che brancolano, che urtano dappertutto. Mentre per coloro la cui ricerca della verità è stata facile provo ... poco interesse. Quando morranno, che si scriva sulla loro tomba: 'Ha avuto sempre ragione', che è appunto quanto meritano, e niente di più" (fonte: www.rodoni.ch/A20/)

Concludendo: cosa rispondere al Dogmatico che ha sentenziato "La musica classica, ormai, non la segue più nessuno"?

Per nostra fortuna, non è vero. Il problema si può risolvere con un percorso efficace di educazione all'ascolto. La bella notizia è che si può imparare ad ascoltare Josquin, o Monteverdi, o Bela Bartok! Ci vogliono una buona guida, impegno e motivazione, ossia gli ingredienti di una buona educazione critica e non dogmatica. Ma con questi ingredienti si può arrivare ad apprezzare la bellezza e la profondità di un messaggio artistico che trascende il contesto storico che l'ha prodotto, sia esso vicino o lontano nel tempo. 

E allora ci si accorgerà che Beethoven ha ancora qualcosa da insegnare alla società di oggi, così come Goethe, Shakespeare, Omero: senza bisogno di ritocchi, cancellazioni o attualizzazioni. Solo imparando l'arte dell'ascolto musicale, che, come diceva Claudio Abbado, ci insegna anche ad ascoltare gli altri e quindi ad essere meno dogmatici nelle nostre affermazioni.

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