"Si deve andare avanti, alla ricerca di cosa? Non lo sappiamo".
Con questa frase emblematica, che riassume il senso del comporre a partire da una pagina bianca, e diventa metafora dell'esistenza stessa, con questa frase pronunciata con voce sommessa dal compositore si conclude l'omaggio di Giuseppe Tornatore ad Ennio Morricone, un film documentario intitolato appunto "Ennio".
Una grande, intensa carrellata sull'opera del musicista, dagli studi con Goffredo Petrassi all'incontro con i maggiori registi del nostro tempo, dopo un periodo giovanile come arrangiatore non banale di canzoni pop. Una carriera straordinaria che lo stesso compositore rievoca con la sua gentilezza composta: curiosa personalità di uomo timido che ha conquistato il mondo con la forza del suo talento.
Una vita anche attraversata dalle contraddizioni e sofferenze di due mondi musicali che sembravano non potersi incontrare, tra le perplessità del maestro Petrassi e dei suoi compagni di studi (ad esempio Boris Porena) e i suoi stessi propositi di lasciare il cinema, continuamente deviati da sempre nuovi successi.
Alla fine si capisce che Morricone ha vinto una battaglia: un artista anche pop, ma che non ha dimenticato Frescobaldi, Bach, Stravinskij.
Ci emozioniamo nel vederlo e sentirlo commosso, quando ricorda, lui novantenne, il suo vecchio maestro, e quando dedica alla moglie l'Oscar alla carriera.
Mite e coraggioso, come il suo gesto direttoriale. È stato bello anche sentire la testimonianza di un grande direttore come Pappano.
Un film da vedere, dunque, per chi ama la musica e il grande cinema.
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