Nel periodo classico, ed in particolare a Vienna, era molto frequente la composizione di Variazioni sopra temi celebri. Si tratta in realtà di una prassi molto antica, che percorre tutta la storia della musica, ma che ha avuto un'applicazione particolarmente felice in quel periodo. In molti casi questa pratica era la conseguenza di una attività concertistica dei compositori, perché le due professioni (creatore di musica ed interprete) non erano rigidamente separate, ma al contrario erano abitualmente praticate da tutti i musicisti.
Beethoven giovane, dipinto di Hornemann |
Anche Beethoven, come Haydn e Mozart, si dedicò fin dalla giovinezza a questa forma musicale, che utilizzerà in modo sempre più raffinato fino agli ultimi anni. Possiamo dire che lo stile delle Variazioni beethoveniane evolve progressivamente da una concezione di abbellimento e di virtuosismo strumentale, tipica di un concetto di arte come intrattenimento, ad una ricerca sempre più complessa ed ardita sulle possibilità strutturali della variazione, secondo un ideale più alto e quasi astratto di creatività musicale.
Notiamo comunque che anche nelle opere giovanili si intravede qualcosa del genio maturo. E' il caso delle Sei Variazioni sopra un duetto di Paisiello, composte da Beethoven nel 1795. Il compositore, giunto a Vienna da tre anni, utilizza un tema tratto da un'opera recente, L'amore contrastato, nota poi come La molinara, che Giovanni Paisiello (Taranto 1840 - Napoli 1816) aveva rappresentato a Napoli nell'autunno 1788 e che, con grande successo, era giunta fino a Vienna. Un tema dolcemente aggraziato, di tipico gusto italiano, che era subito entrato nel patrimonio comune degli amatori di musica.
Frontespizio e prima pagina dell'edizione originale (Vienna, 1796) |
Ho pubblicato su Youtube una mia recente esecuzione delle Variazioni di Beethoven, che si possono ascoltare a questo link.
La fama immediata del tema di Paisiello è dovuta alla felice espressione di quella Empfindungskeit che rappresenta il nucleo della poetica di fine secolo: una sorta di preromanticismo, ancora legato ai dettami formali del classicismo, ma già orientato alla rappresentazione musicale di sentimenti più intimi.
Celebre in tutto l'Ottocento, questa melodia è stata poi immortalata nel 1885 da Alessandro Parisotti (1853-1913) nella sua celebre raccolta di Arie antiche, adattate in forma di romanza per canto e pianoforte, ad uso degli studenti di canto e degli amatori. Ed in questa versione viene ancor oggi spesso eseguita in concerto.
Beethoven in un ritratto di Riedel |
Il giovane Beethoven, che aveva raggiunto Vienna nel 1792 con l'intento di affermarsi come pianista e come compositore, produsse subito molte opere, in particolare per il suo strumento, il pianoforte. Tra queste, le Variazioni sopra un tema di Paisiello: esse sono catalogate con la sigla WoO 70; si tratta dunque del numero 70 tra le "Werke ohne Opus", ossia le opere che non hanno un numero d'opus ufficiale.
Spesso si ascoltano esecuzioni che sottolineano il carattere virtuosistico, certamente non assente nell'intento del giovane musicista. Tuttavia io preferisco una lettura più riflessiva, che va oltre l'aspetto meramente strumentale, ricercando questo nucleo di Empfindugskeit che in modo così significativo anticipa la poetica romantica della sua produzione maggiore.
Le prime tre Variazioni presentano il classico gioco di agilità affidato dapprima alla mano destra, poi alla sinistra, ed infine alle due mani alternate. Mi pare però che Beethoven vada oltre il gioco puramente tastieristico, valorizzando piuttosto il valore espressivo dell'ornamentazione, intendendo cioè le "fioriture" proprio in senso suggestivamente etimologico, come fiori profumati, di cui va assaporata la piena fragranza: ecco perché una velocità eccessiva potrebbe renderne più superficiale l'effetto.
Va notata, poi, già nella mano sinistra della prima variazione e poi nella terza, l'uso dei suoni sforzati sul tempo debole, che diventeranno una delle caratteristiche salienti dello stile beethoveniano maturo.
La Variazione 4, che utilizza il cambio di modo (sol minore anziché sol maggiore) rappresenta il culmine del climax espressivo, con le piccole appoggiature "dolenti" su armonie dissonanti, che valorizzano il canto, il quale deve assolutamente prevalere, anche nella sua piccola evoluzione contrappuntistica, un dialogo a due voci tra le due mani.
Con la Variazione 5 il tono generale si alleggerisce, anzi la musica assume quasi un sapore umoristico, soprattutto per il ripetersi "ostinato" della terzina ammiccante, che si ripete continuamente, quasi sbeffeggiando bonariamente. Tutto ciò perché il dolore espresso nella variazione precedente è cosa tenue e subito, come in Paisiello, prevale il sorriso.
La Variazione 6 recupera la cantabilità originaria del tema, ora avvolto in una figurazione più continua di dolce movimento in sestine di sedicesimi. In questo caso trovo assolutamente legittimo prolungare leggermente la durata dei suoni del canto, e anche del basso, in modo che prevalgano nella successione continua dei suoni; esattamente come si praticava all'epoca, e come tuttora fanno i pianisti che suonano su tastiere storiche.
L'ultima Variazione procede senza soluzione di continuità ad una Coda, nella quale sarebbero previste le mani incrociate, ma si può benissimo eseguire con uno scambio alternato tra le due mani: infatti, anche in questo caso non si tratta di virtuosismo, ma al contrario del prevalere progressivo della dolcezza, che sfuma verso il pianissimo conclusivo.
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