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mercoledì 26 febbraio 2025

Lezione di accompagnamento pianistico: lettura a prima vista di un vocalizzo del Concone


 
Accompagnamento pianistico
Uno degli aspetti più importanti e più qualificanti nel mestiere di pianista accompagnatore (ossia Maestro CollaboratoreMaestro Sostituto) è la capacità di lettura a prima vista, che è una richiesta dei cantanti con cui dobbiamo lavorare. Per parecchi pianisti, anche molto bravi nel repertorio solistico, questo sembra un ostacolo difficile da superare. In questo breve post, collegato ad un video del mio canale YouTube, dimostro che l'abilità si può esercitare e migliorare.

Prendo ad esempio un vocalizzo del Concone, tratto da Cinquanta Lezioni op. 9, nella versione per voce acuta; scelgo il numero 9, che è nella tonalità di La bemolle Maggiore.

Chiarisco l'importanza dell'analisi armonica per sviluppare la capacità di lettura a prima vista.

E' importante anche saper leggere con la voce la parte vocale, seguendo la musica con il gesto direttoriale ed  interpretando con fraseggio adeguato.

Si darà la dovuta importanza ai respiri: cantando, sarà ancora più semplice seguire i respiri sia sotto l'aspetto fisiologico che sotto l'aspetto della corretta espressione musicale; tutto ciò sarà poi utile per l'esecuzione dell'accompagnamento.

Notiamo che le competenze del Maestro Collaboratore sono necessarie anche per aiutare il cantante nella corretta esecuzione del ritmo, nell'intonazione e nel fraseggio.

La lettura al pianoforte dell'accompagnamento sarà realizzata dapprima eventualmente a mani separate, iniziando dalla sinistra che, avendo il basso dell'armonia, costituisce la parte più importante sulla quale si appoggerà l'esecuzione del cantante.

Seguirà lo studio della mano destra. Occorre evidenziare soprattutto i cambi di posizione e le alterazioni transitorie.

Accompagnamento pianistico

I due aspetti fondamentali della lettura a prima vista sono la pulsazione ritmica e l'analisi armonica.

Dopo la lettura a mani unite, si potrà già provare ad accompagnare una persona cantante. Terremo presente di sostenere le dinamiche proposte al cantante e di seguire i respiri.

Infine si proverà a cantare la parte vocale, anche "accennando", ed anche trasportando un'ottava sotto se la tessitura non è conforme alla propria vocalità, dapprima a cappella, poi suonando l'accompagnamento

Ti invito a guardare il video, nel quale si possono ascoltare anche gli esempi al pianoforte.

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giovedì 13 febbraio 2025

Lezione di accompagnamento pianistico: lettura a prima vista dal "Don Giovanni" di Mozart

 

Ah chi mi dice mai
Uno degli aspetti più importanti e più qualificanti nel mestiere di pianista accompagnatore (ossia Maestro Collaboratore, Maestro Sostituto) è la capacità di lettura a prima vista, che è una richiesta dei cantanti con cui dobbiamo lavorare. Per molti pianisti, anche molto bravi nel repertorio solistico, questo sembra un ostacolo difficile da superare. In questo breve post, collegato ad un video del mio canale YouTube, dimostro che l'abilità si può esercitare e migliorare.

Prendo ad esempio la prima aria di Donna Elvira, "Ah! chi mi dice mai", dal primo atto del "Don Giovanni" di Mozart. Si tratta di un'aria non facilissima per l'accompagnamento, ma con alcuni accorgimenti, soprattutto riguardo il ritmo e l'armonia, si può conseguire un buon risultato anche in una lettura a prima vista. 



Altra cosa sarà l'esecuzione in pubblico dell'aria: in questo caso le semplificazioni suggerite per la lettura a prima vista saranno sostituite da uno studio accurato della parte pianistica.

Nella introduzione dell'orchestra troviamo subito dei passaggi veloci in sedicesimi a doppie note: si possono ovviamente semplificare, eseguendo solo la voce superiore, ed in tal modo non si altera il disegno musicale fondamentale; tuttavia, anche l'esecuzione in doppie note è realizzabile e produce un effetto più ricco. Quindi suggerisco la semplificazione per la lettura a prima vista e lo studio delle doppie note per l'esecuzione in pubblico.  


Nel seguito dell'introduzione troviamo una scala veloce discendente di Mi bemolle Maggiore e questa fa parte del bagaglio di competenze già acquisite da ogni pianista.


Successivamente, dopo l'entrata della cantante, troviamo dei tremoli veloci, che risultano più facili se abbiamo chiarezza riguardo la successione degli accordi.



Troviamo poi quartine veloci in trentaduesimi, che procedono per gradi congiunti, e un ritmo sincopato.


Infine le ottave legate (corrispondenti alle frasi interlocutorie di Don Giovanni e Leporello): anche in questo caso, soprattutto nella prima vista, si può semplificare, eseguendo il suono singolo. Raccomando però lo studio delle ottave legate, con opportuna diteggiatura, per l'esecuzione in pubblico.


Ti invito a guardare il video, nel quale si possono ascoltare anche gli esempi al pianoforte.

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lunedì 26 dicembre 2022

Der König in Thule di Schubert-Goethe. Una lezione per il corso di Maestro Collaboratore

La lezione su questo celebre Lied di Schubert (https://youtu.be/KjEdNOULDWY) è pensata per gli studenti del corso per Maestro Collaboratore. Io sono un pianista accompagnatore, non un cantante. Quello che cerco di dimostrare con questa operazione è che il pianista, accingendosi ad accompagnare un cantante, deve avere una consapevolezza di tutti gli aspetti della vocalità: dunque, qualche nozione di tecnica vocale; la comprensione e la corretta pronuncia del testo, anche se in una lingua diversa dalla propria lingua madre; il fraseggio, le dinamiche, l’interpretazione. 

Per fare questo è utilissimo esercitarsi come ho fatto io ora, e cioè imparare a cantare sopra il proprio accompagnamento. Di solito è sufficiente il cosiddetto “accennare con la voce”, in particolare quando si eseguono pezzi d’opera affidati a personaggi che hanno una vocalità diversa dalla propria quanto ad estensione e tessitura. Nel repertorio di musica vocale da camera, invece, è anche possibile eseguire un pezzo cercando la tonalità più adatta alla propria voce. In questo modo ci si può avvicinare maggiormente alla pratica effettiva del cantante e si può curare in modo più efficace l’espressione che si vuol dare alla musica.

Schubert Lieder
Franz Schubert
Così ho fatto io con il bellissimo Der König in Thule, che è un Lied di Schubert su poesia di Goethe. L’originale sarebbe in re minore, ma nella musica vocale da camera è prassi abituale trasportare i pezzi in base alla propria tessitura vocale. Le raccolte di Lieder sono tradizionalmente edite in varie tonalità, per voce acuta, per voce media e per voce grave. Di questo Lied conosciamo infatti le versioni di Dietrich Fischer-Dieskau e di Hermann Prey, entrambe in si minore, ossia una terza sotto rispetto all’originale; e quella di Christa Ludwig in sol minore, ossia una quinta sotto. Io ho scelto la tonalità di sol minore, che risulta comoda per la mia voce, nella sua tessitura centrale. 

Ho studiato la parte del canto dapprima vocalizzando sulla vocale più comoda, un misto tra la ‘a’ e la ‘o’; poi ho cantato utilizzando le sole vocali del testo ed infine ho cantato con il testo. Ovviamente ho studiato anche la parte pianistica, che in questo caso è particolarmente semplice, ma che deve comunque assecondare la voce nel fraseggio e nelle dinamiche, ed in questo consiste principalmente l’arte dell’accompagnamento pianistico.

Goethe Faust
Johann Wolfgang Goethe
Goethe scrisse la poesia nel 1774; si tratta di una leggenda che racconta la verità dei sentimenti umani, evocata in una mitica isola del Nord. Si tratta di un anziano re che, avendo ricevuto in dono dalla sua amata sposa morente una coppa dorata, conserva amorevolmente questo oggetto, che diventa il simbolo della sua fedeltà al ricordo dell’amata, fino alla sua propria morte. 

La poesia del 1774 fu successivamente inserita dal poeta nella prima parte del Faust, che fu concepita negli stessi anni e poi pubblicata nel 1808. Nel poema egli attribuisce questo canto al personaggio di Gretchen (Margherita), che intende così esprimere la forza della fedeltà amorosa.

Lied di Schubert
Schubert compose il Lied nel 1816, quando aveva solo 19 anni, anche se nel catalogo cronologico porta già il numero 367. Il compositore, cogliendo la semplicità narrativa del testo, ed in analogia con la sua chiarezza formale, sceglie di comporre un Lied strofico, nel quale anche la scansione delle frasi è molto regolare; tuttavia, così come la poesia racchiude nella sua forma classica un accento già fortemente romantico, così la musica lo esalta con la bellezza incantevole della melodia e la pregnanza delle successioni armoniche. 

Dobbiamo dunque comprendere e pronunciare correttamente il testo, tenendo anche presente che nei Lieder strofici, anche se la musica non cambia, il carattere e quindi anche le scelte espressive possono variare nelle varie strofe in base al senso delle parole. 

Per quanto riguarda la pronuncia, consiglio l’ascolto attento di un grande cantante di madre lingua, quindi i tre che ho citato sono ottimi: Fischer-Dieskau, Prey, la Ludwig. Si può anche notare come i cantanti gestiscano la pronuncia in funzione delle esigenze vocali, pur senza mai modificare le parole

Per quanto riguarda la comprensione del testo, suggerisco di fare innanzitutto una traduzione letterale, parola per parola, che ci permette di entrare nel significato di ogni vocabolo che dovremo esprimere nella musica; ed è importante che questo lavoro preliminare sia svolto personalmente, con l’ausilio di una buona grammatica e di un buon dizionario. Dopo questo, sarà utile confrontare qualche buona traduzione già esistente, che di solito non è letterale, ma cerca di rendere, per quanto possibile, l’afflato poetico dell’originale. 

Può capitare anche di trovare errori nelle traduzioni esistenti. Io ad esempio ho trovato un errore importante proprio nella traduzione di questo Lied, in un sito web che pure, solitamente, è attendibile; mi sono perciò confrontato con la classica traduzione di Giovita Scalvini (1791-1843), poeta italiano contemporaneo di Goethe, e così ho capito le vere intenzioni del poeta, peraltro intuibili dal senso complessivo della poesia. Ne parlo nel video, dove si può trovare anche la traduzione completa del testo: https://youtu.be/KjEdNOULDWY


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mercoledì 12 agosto 2020

Diabelli, Quattro Rondini op. 140 per chitarra e pianoforte

Diabelli chitarra e pianoforte
Nella attività di un pianista collaboratore non è frequente la possibilità di eseguire repertorio per chitarra e pianoforte. Forse si pensa che i due strumenti, l'uno a corde pizzicate, l'altro a corde percosse, non siano facilmente compatibili fra loro. Eppure esiste una produzione abbastanza consistente, soprattutto nella prima metà dell'Ottocento e, riscoprendola, ci si accorge che proprio la comune natura cordofona assicura ai due strumenti la possibilità di duettare in maniera molto efficace e piacevole.

Anton Diabelli op. 140
"Piacevole" (angenehm) è, non a caso, uno degli aggettivi dati da Anton Diabelli (1781-1858) ai suoi Quattro Rondini per chitarra e pianoforte (4 Leichte und angenehme Rondino), pubblicati dalla sua casa editrice in data non precisata, ma che può essere più o meno tra il 1825 e il 1830, considerando il catalogo complessivo e i numeri progressivi del catalogo del compositore viennese.

Con la chitarrista Greta Cordioli abbiamo realizzato quattro video "a distanza" (per consolarci e consolare gli ascoltatori in questo tempo difficile di lockdown), che si possono vedere ed ascoltare ai seguenti indirizzi:

Rondino n.1 

Rondino n.2 

Rondino n.3 

Rondino n.4 

La fama di Diabelli è legata soprattutto al celebre Tema in Do Maggiore, che diede spunto al sommo Beethoven per le sue straordinarie Variazioni per pianoforte, nelle quali proprio la semplicità quasi banale dello spunto di partenza permette al compositore l'esplorazione delle più ardite ricerche sperimentali ed inventive. Certamente, Diabelli nel suo tempo rappresenta un autore "leggero", "disimpegnato", che della piacevolezza e del godibile intrattenimento fa la cifra della propria creatività, all'opposto dunque rispetto al grande suo contemporaneo, tormentato, innovatore e profetico anticipatore di ben altre conquiste del linguaggio musicale. Una poetica, quella di Diabelli, che è stata definita "Biedermeier", intendendo con ciò una sorta di semplicità piccolo-borghese, scevra da implicazioni profonde. Tuttavia le opere di Diabelli, sempre di ottima fattura formale, risultano ancora oggi gradevolissime all'ascolto, nel rappresentarci una visione della musica come conforto dell'anima, quasi una passeggiata in un bel contesto paesaggistico, il che rappresenta comunque uno dei valori permanenti dell'arte musicale, cui peraltro guardò anche lo stesso Beethoven in molte sue opere, soprattutto della prima maniera.

Anton Diabelli
Anton Diabelli, nacque a Mattsee presso Salisburgo nel 1781, da una famiglia di probabili origini italiane, dato il cognome. Egli visse prevalentemente a Vienna, dove insegnò entrambi gli strumenti, il pianoforte e la chitarra, dimostrando una predisposizione all'artigianato musicale e alla duttilità, che era ancora molto comune nel primo Ottocento e che si è sempre più perduta, nei tempi più recenti, a favore di una specializzazione sempre più settoriale. A partire dal 1818 intraprese anche una fortunata attività editoriale.

I Quattro Rondini (ossia piccoli Rondò) sono scritti nella classica forma A-B-A, in cui la parte B rappresenta una nuova idea musicale in altra tonalità e la ripresa di A rappresenta spesso una variante che conduce ad una coda più brillante. Una caratteristica interessante è data dal fatto che la parte del pianoforte è scritta una terza minore sopra, a significare che la parte di chitarra era pensata per uno strumento traspositore, nel quale cioè l'effetto era una terza sopra: si trattava perciò di uno strumento più piccolo, una chitarra terzina, molto diffusa nella prima metà dell'Ottocento, soprattutto in Austria (ma presente anche nell'Italia meridionale).

lunedì 25 febbraio 2019

Un clarinetto concertante nella "Clemenza di Tito" di Mozart

Wolfgang Amadeus Mozart
Nell'ultimo anno della sua vita (1791) Mozart  produsse due opere teatrali: tra queste, "Il flauto magico" è uno dei suoi capolavori più conosciuti, molto importante anche per gli sviluppi successivi del teatro musicale tedesco. Meno famosa, "La clemenza di Tito" rappresenta il tentativo del compositore di recuperare la tradizione dell'opera su testi del Metastasio: del poeta italiano è infatti il libretto, risalente addirittura al 1734 e riveduto per l'occasione da Caterino Mazzolà. Un giudizio molto efficace su quest'opera è dato da Mario Baroni (in Autori vari, Storia della musica, Torino, Einaudi, 1988, p.238): "un'opera seria di stampo metastasiano che offre a Mozart l'occasione di superbe invenzioni musicali calate tuttavia in una trama che non si presta alle sperimentazioni drammaturgiche degli ultimi tempi". 

Tra queste meraviglie incantevoli troviamo sicuramente l'aria di Sesto, "Parto, ma tu ben mio", nel primo atto dell'opera. L'aria è cantata da un personaggio maschile, interpretato da una cantante donna "en travesti", secondo l'usanza antica (nella prima esecuzione fu interpretato da un castrato, Domenico Bedini). Sesto ama Vitellia, figlia del defunto imperatore Vitellio, la quale cospira contro l'imperatore Tito, del quale peraltro è innamorata, mentre lei è amata da Sesto.  Per amore di lei, egli si impegna ad uccidere l'imperatore. Lo svolgimento della vicenda porterà poi al lieto fine che ha dato il titolo all'opera.

Nella scena nona del primo atto Sesto si impegna a vendicare Vitellia, alla quale sembra che l'imperatore abbia preferito un'altra donna: "Arder vedrai fra poco il Campidoglio; e quest'acciaro nel sen di Tito". Vitellia lo incalza: "Ed or che pensi? Dunque corri; che fai? Perché non parti?". L'aria di Sesto esprime la sua volontà di obbedire alla donna che lo seduce e lo ha soggiogato: "Parto; ma tu ben mio, meco ritorna in pace; sarò qual più ti piace, quel che vorrai farò. Guardami, e tutto oblio, e a vendicarti io volo; a questo sguardo solo da me si penserà. Ah, qual poter, oh Dei! donaste alla beltà". 

La meravigliosa invenzione musicale di Mozart prevede l'uso di un clarinetto "obbligato", ossia concertante, una sorta di controcanto che evoca e riverbera il sentimento del personaggio. Il timbro dello strumento, prediletto dal compositore, è particolarmente efficace e coinvolgente: ricordiamo il meraviglioso Concerto K 622, il Trio con viola e pianoforte, il Quintetto con archi, e molti altri passi delle sue opere sinfoniche e teatrali.

Nella prima parte dell'Aria (Adagio "Parto, ma tu ben mio") la dolcezza del timbro del clarinetto sembra inizialmente rappresentare la risonanza interiore di ciò che Sesto va dicendo alla sua amata.

Mozart, clarinetto nella Clemenza di Tito

Già nel seguito di questo Adagio l'impeto passionale del personaggio suggerisce allo strumento la ricercatezza di figurazioni sempre più animate:

Mozart, clarinetto nella Clemenza di Tito

Il seguente Allegro "Guardami, e tutto oblio" è subito introdotto dall'ansioso vortice di note esposte dal clarinetto:

Mozart, clarinetto nella Clemenza di Tito

Alle parole "A questo sguardo solo, a me si penserà" il clarinetto introduce una sorta di secondo tema, insinuante e seducente, quasi giocoso, pur nella tragicità della situazione; ciò ci fa ammirare la sottigliezza psicologica che caratterizza l'invenzione musicale nel teatro di Mozart:

Mozart, clarinetto nella Clemenza di Tito

La parte conclusiva dell'aria è un frenetico rincorrersi e sovrapporsi tra voce e strumento, dapprima in un crescendo progressivo per gradi congiunti:

Mozart, clarinetto nella Clemenza di Tito

Poi con arpeggi sempre più incalzanti:

Mozart, clarinetto nella Clemenza di Tito


Per il pianista accompagnatore si tratta di una pagina meravigliosa e molto impegnativa: occorre studiare le figurazioni del clarinetto con grande cura e precisione; la soddisfazione sarà piena e l'effetto non farà sentire la mancanza del meraviglioso strumento, se il pianista saprà evocarne il fascino e la dolcezza timbrica. Evidentemente, non si tratta di un semplice "accompagnamento", ma piuttosto di un duo concertante tra voce e strumento! In un prossimo post darò maggiori dettagli esecutivi per il pianista.

Consiglio l'ascolto e la visione di un video del 2012 dal Metropolitan (limitato all'Adagio iniziale), con bella regia di Ponnelle e l'ottima interpretazione del mezzosoprano lettone Elina Garanca: https://www.youtube.com/watch?v=GMX-s0L2wLo

Una esecuzione completa dell'aria, dalla stessa cantante in un'altra occasione (senza video dal vivo) si trova al link https://www.youtube.com/watch?v=JiEcdKuWd_s

Oppure possiamo ascoltare Marylin Horne in una interpretazione del 1964: https://www.youtube.com/watch?v=erO0qe24uMo


venerdì 14 dicembre 2018

L'accompagnamento di "Un'aura amorosa"

Così fan tutte
Riassumo qui brevemente una lezione che ho tenuto ieri al Conservatorio di Mantova ad una brava studente proveniente dalla Cina.

La celebre aria di Ferrando, in "Così fan tutte" (1790) di Mozart, è un pezzo di straordinaria bellezza, nel quale il pianista accompagnatore deve sostenere ed assecondare la voce del tenore e le sue intenzioni espressive, guidandolo e suggerendogli la giusta sonorità richiesta al fine di rendere quella soavità ineffabile che è la cifra inconfondibile del genio mozartiano.

Per fare ciò è necessario che il pianista studi con attenzione la partitura d'orchestra, la strumentazione semplice ma ricca di finezze che idealmente, suggestivamente, deve cercare di riprodurre.

Un'aura amorosa. Aria di Ferrando
L'unica battuta iniziale precede l'attacco della
voce, quasi fosse un segnale di apertura. La strumentazione prevede qui tutti gli strumenti utilizzati nell'aria: clarinetti, fagotti, corni e archi. Notiamo la presenza dei clarinetti in vece degli oboi oppure dei flauti, a caratterizzare il clima morbido, la sonorità addolcita e soave che viene poi richiesta al tenore. Il clarinetto esprime appieno la poetica preromantica delle ultime opere di Mozart.

La prima parte dell'aria è accompagnata da una semplicissima figurazione, affidata esclusivamente alla sezione degli archi, con sordino. Ciò implica una indicazione precisa sia per il cantante, sia per il pianista accompagnatore: si tratta del trionfo della morbidezza, nella ricerca di un suono intimo e interiormente coinvolto nella delicatezza dell'espressione affettiva.

Sulla corona il pianista può consigliare al cantante, secondo tradizione, una piccola cadenza in modo improvvisativo, a condizione che essa non alteri minimamente il carattere generale dell'aria con frivolezze ornamentali o, peggio, virtuosistiche che sarebbero del tutto fuori luogo. Si può salire verso l'acuto (sempre con estrema morbidezza) oppure scendere sulla prima ottava e da lì risalire verso la ripresa del tema principale.

Così fan tutte Aria di Ferrando

Nella seconda parte dell'aria essa appare significativamente variata, non solo nella parte del canto, ma anche nella strumentazione: i fiati danno maggiore corpo alle figurazioni. Evidentemente questa variante richiede una maggiore presenza di suono anche nel solista vocale.

Così fan tutte Aria di Ferrando
Ad un certo punto l'orchestra enfatizza la parte del canto, con le figurazioni in sedicesimi, raddoppiate all'ottava, proposte rispettivamente da clarinetti e fagotti e da violini primi e secondi. L'effetto di ogni singola parte strumentale è un legato espressivo, che anche il pianoforte deve riuscire a rendere: il pianista dovrà dunque eseguire le ottave legate, con suono sostenuto ma morbido; potrà certamente aiutarsi con il pedale (molto velocemente cambiato, ad ogni sedicesimo), ma innanzitutto dovrà saper eseguire il legato senza pedale con le sole dita.

Mi sembra evidente che saper suonare bene questo accompagnamento richieda capacità tecniche e sensibilità artistica in tutto analoghe a quelle richieste dal repertorio pianistico del solista.

lunedì 3 dicembre 2018

Un esempio di lezione per cantanti e per pianisti accompagnatori

Nel Nuovo Ordinamento dei Conservatori italiani sono previste materie di insegnamento che arricchiscono l'offerta formativa. Ad esempio, gli studenti di Pianoforte possono ora studiare anche le tecniche, lo stile e le problematiche dell'Accompagnamento, in particolare rivolto ai cantanti. Gli studenti di Canto, a loro volta, possono approfondire le tecniche della  lettura a prima vista e lo studio dello spartito con il docente pianista specializzato nell'Accompagnamento. Appare evidente che queste opportunità favoriscono lo sviluppo delle competenze e le opportunità di lavoro per i giovani.

Canto Accompagnamento pianistico
Nelle mie lezioni utilizzo efficacemente i Vocalizzi di Giuseppe Concone (1801-61), sia per gli studenti di Canto che per coloro che studiano Accompagnamento Pianistico. Queste opere sono particolarmente efficaci per la progressione delle difficoltà, la cura del fraseggio vocale e la tipicità della scrittura pianistica.

Agli studenti di Canto insegno ad eseguire correttamente seguendo le indicazioni dinamiche, le legature e i respiri indicati (che sono funzionali ad esercitare la corretta gestione del fiato).

Per gli studenti di Accompagnamento Pianistico propongo la lettura a prima vista, sostenuta dall'analisi armonica, che aiuta ad individuare sinteticamente la successione dei vari accordi. Segue l'esercitazione di accompagnamento della voce e la conseguente descrizione degli aspetti specifici dell'esecuzione vocale. Infine propongo l'esercitazione del trasporto, sia della parte vocale, sia di quella strumentale: inizialmente si esercita un trasporto senza modifica del nome delle note (ad esempio: da Mi bemolle Maggiore a Mi Maggiore), poi via via con cambi di tonalità più complessi.

Bellini
Non manco di far notare come lo stile di questi vocalizzi, composti negli anni Trenta del XIX secolo, sia una efficace propedeutica allo studio della musica vocale dei grandi operisti italiani dell'epoca, in particolare Bellini e Donizetti, fino al primo Verdi.