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sabato 9 agosto 2025

O bellissimi capelli: analisi del testo, significato e pronuncia.

O bellissimi capelli Parisotti Falconieri
O bellissimi capelli è un'aria da camera del compositore napoletano Andrea Falconieri (1585-6 - 1656), che troviamo nella terza parte della celebre antologia di Arie antiche raccolte da Alessandro Parisotti (1853 - 1913).  

Di questo compositore abbiamo già analizzato un'altra aria, Bella porta di rubini.

Parisotti Arie antiche Volume 3
L'opera del Parisotti, senza dubbio superata dal punto di vista musicologico e storico, non essendo affatto conforme alla prassi esecutiva del periodo barocco, rimane comunque utilissima per la formazione dei giovani cantanti, che in essa trovano arie antiche molto belle e utilissime dal punto di vista didattico: vi si trova infatti una vastissima varietà di situazioni linguistiche, poetiche e musicali, concentrate in una tessitura prevalentemente centrale e quindi adatta per la prima impostazione vocale. 

Studiamo innanzitutto il testo, curando la corretta pronuncia e spiegando le parole antiche, il loro significato e le metafore in esso presenti.

O bellissimi capelli Parisotti Falconieri
Il poeta esprime il suo amore per una donna descrivendo la bellezza dei suoi capelli e il loro fascino seduttivo. Esprime queste cose con metafore efficaci e sensuali. Il fascino della ragazza può essere inteso come metafora della bellezza, quale valore che alimenta la nostra anima.

Il testo è costituito da due strofe di sei versi ottonari ciascuna, con rime ABABCC.

Lo suddividiamo in coppie di due versi (scritte in corsivo), seguite da una parafrasi che ci aiuta a capire il significato di alcune parole antiche, non più in uso nella lingua italiana, e delle metafore.

Nota gli accenti acuto e grave posti sopra le vocali 'e' ed 'o', che servono a capire la corretta pronuncia.

Vediamo la prima strofa:

1 O bellissimi capélli, 2 miei dolcissimi dilètti,

O bellissimi capelli, miei piaceri dolcissimi, [diletti può essere inteso come sostantivo]

3 amorosi serpentèlli, 4 che ritorti in anellétti,

a forma di serpentelli che seducono, che piegati in forma di piccoli anelli,

5 discendete infra le ròse 6 de le guancie rugiadóse.

discendete tra le rose delle guance umide come la rugiada. [le guance ispirano due metafore: le rose, per via del colore; la rugiada per via dell'umida freschezza]

I due ultimi versi sono sempre ripetuti, per cui ogni strofa è costituita musicalmente da otto semifrasi, anziché sei, e dunque lo schema dei versi musicalmente diventa A1-B1-A2-B2-C1-C2-C1-C2.

Vediamo ora la seconda strofa:

7 Treccie ombróse, ove s'ascónde 8 per ferir, l'alato arcièro,

Trecce scure [che ricordano anche l'oscurità di un bosco], dove si nasconde per colpire con le sue frecce il dio Eros, o Cupido, [che si rappresenta come un arciere alato]

9 cedan più le chiòme biónde, 10 belle treccie, al vostro néro,

le chiome bionde non possono essere paragonate al nero delle trecce nere, [riferito alle trecce della ragazza a cui il poeta si rivolge]

11 che scherzando al viso intórno 12 notte siete e gli occhi giórno.

che muovendosi liberamente intorno al viso siete come la notte, mentre i vostri occhi sono come il giorno. [due metafore che esprimono il gioco di colori tra occhi e capelli].

Ho preparato alcuni comodi files, che contengono la musica (in tonalità originale e trasportata) ed anche le mie Note didattiche

puoi scaricare lo spartito nella versione originale (in Si bemolle Maggiore)

oppure nella versione per voce media, trasportata un tono sotto (in La bemolle Maggiore),

oppure nella versione per baritono, trasportata un tono sotto e con la parte vocale scritta in chiave di basso.


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sabato 23 marzo 2024

Bella porta di rubini: il testo, significato e pronuncia

Bella porta di rubini Parisotti Falconieri

Bella porta di rubini
 è un'aria da camera del compositore napoletano Andrea Falconieri (1585-6 - 1656), che apre la terza parte della celebre antologia di Arie antiche raccolte da Alessandro Parisotti (1853 - 1913).  

Parisotti Arie antiche

L'opera del Parisotti, senza dubbio superata dal punto di vista musicologico e storico, non essendo affatto conforme alla prassi esecutiva del periodo barocco, rimane comunque utilissima per la formazione dei giovani cantanti, che in essa trovano arie antiche molto belle e utilissime dal punto di vista didattico: vi si trova infatti una vastissima varietà di situazioni linguistiche, poetiche e musicali, concentrate in una tessitura prevalentemente centrale e quindi adatta per la prima impostazione vocale. 

Studiamo innanzitutto il testo, curando la corretta pronuncia e spiegando le parole antiche, il loro significato e le metafore in esso presenti.

Bella porta di rubini, testo
Il poeta esprime il suo amore per una donna descrivendo la bellezza della sua bocca e il suo fascino seduttivo. Esprime queste cose con metafore efficaci e sensuali. Il fascino della ragazza può essere inteso come metafora della bellezza, quale valore che alimenta la nostra anima.

Il testo è costituito da due strofe di sei versi ottonari ciascuna, con rime ABABCC.

Lo suddividiamo nei singoli versi (scritti in corsivo), seguiti da una parafrasi che ci aiuta a capire il significato di alcune parole antiche, non più in uso nella lingua italiana, e delle metafore.

Nota gli accenti acuto e grave posti sopra le vocali 'e' ed 'o', che servono a capire la corretta pronuncia.

Vediamo la prima strofa:

1 Bella pòrta di rubini

O bella bocca, che sembri una porta di rubini [metafora: i rubini sono pietre preziose di colore rosso]

2 ch'apri il varco ai dólci accènti,

che fai passare dolci parole,

3 che nei risi peregrini

che nei tuoi sorrisi preziosi

4 scopri pèrle rilucènti,

scopri i denti, che sembrano perle piene di luce,

5 tu d'amor dólce aura spiri

tu fai alitare una dolce aria

6 refrigèrio ai miei martiri.

che rinfresca le mie sofferenze.


Vediamo ora la seconda strofa:

7 Vezzosétta e frésca ròsa,

Tu che sembri una rosa graziosa e fresca,

8 umidétto e dólce labbro,

e sei un labbro umido e dolce,

9 ch'hai la manna rugiadósa

che hai un succo umido simile alla manna [metafora: la manna è una sostanza zuccherina prodotta da alcune piante]

10 sul bellissimo cinabro,

sulle labbra rosse, [metafora: il cinabro è un minerale rosso]

11 non parlar, ma ridi e taci;

non parlare, ma ridi e taci;

12 sien gli accènti i nostri baci.

i nostri baci siano le parole che ci diciamo.


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domenica 30 dicembre 2018

Pizzetti, Tre Sonetti del Petrarca

La musica vocale da camera italiana nella prima metà del Novecento si arricchisce con il contributo di importanti compositori, che, seguendo la tradizione musicale e poetica della storia italiana (a partire dal Basso Medioevo), colgono occasione per rinnovare il linguaggio rispetto all'eredità ottocentesca.

Ildebrando Pizzetti Sonetti
Tra questi è importante ricordare Ildebrando Pizzetti (1880-1968), che D'Annunzio volle chiamare "Ildebrando da Parma": sia nelle sue opere di teatro sia nella sua musica da camera egli ha dedicato grande attenzione e cura alla vocalità, richiamandosi a modelli antichi e anche antichissimi (ad esempio il canto gregoriano) per realizzare un moderno stile di declamato melodico severo e suggestivo.

Francesco Petrarca Sonetti
Nei Tre Sonetti del Petrarca, "In morte di madonna Laura" (ed in realtà ispirati dalla morte prematura della prima moglie del compositore, Maria Stradivari) possiamo percepire chiaramente questa prosodia melodica, che fonda la sua risonanza espressiva sul ritmo e sul suono della parola. Il modello di riferimento ideale sembra qui il "recitar cantando" del primo Seicento italiano. Ma la crudezza del tema della morte allontana momentaneamente il musicista dalla rassicurante eufonia degli antichi modi ecclesiastici, orientandosi piuttosto su un lacerante cromatismo, che costringe la musica ad un continuo, instabile vagare tra tonalità anche lontane.

Ad esempio, l'incipit del primo Sonetto, "La vita fugge e non s'arresta un'ora", collega bruscamente il fa minore iniziale con la tonalità lontana di mi minore. Il pezzo procede come cercando una stabilità tonale continuamente elusa dal tormentoso incedere della linea melodica, che il pianoforte asseconda modificando incessantemente la prospettiva tonale.

Nel secondo Sonetto, "Quel rosignuol che sì soave piagne", l'effetto di imitazione del sublime uccelletto canoro è affidato essenzialmente al pianoforte, mentre la voce ripropone il suo sofferto declamato, nell'incerto e tortuoso peregrinare tra tonalità lontane. Gli slanci tragici verso il registro acuto sono annientati dal trionfo dei suoni cupi del grave.

Il terzo Sonetto, "Levommi il mio pensier in parte ov'era", apre ad una prospettiva religiosa e perciò recupera quel diatonismo terso e rassicurante, che richiama mediante la scelta musicale ad un ideale di spiritualità purificata dalle angosce della vita terrena.

Su Youtube troviamo alcune esecuzioni interessanti di queste liriche di Pizzetti: il tenore rumeno Petre Munteanu (clicca qui), il soprano Mara Zampieri (clicca qui e poi qui e infine qui). Purtroppo in entrambi i casi non sono indicati i nomi dei pianisti.

domenica 23 dicembre 2018

La ninna nanna di Margrete, un Lied di Grieg su testo di Ibsen

Edvard Grieg
Margretes Vuggesang è un Lied composto da Edvard Grieg nel 1868 e pubblicato come primo pezzo nella sua raccolta di Quattro Lieder op. 15.

L'occasione di questa piccola pagina è data dalla nascita di Alexandra, unica figlia del compositore norvegese e della moglie Nina Hagerup.

Henrik IbsenL'ispirazione fu data da una poesia del grande drammaturgo Henrik Ibsen (1828-1906), contenuta nel suo dramma Kongs-Emnerne (I pretendenti al trono) del 1863, ambientato nel Medioevo e riferito a fatti storici della terra norvegese.

Ma la musica di Grieg è del tutto svincolata dal contesto del dramma ibseniano e coglie del testo l'atmosfera magica e sognante, da cui scaturisce una dolcissima melodia, armonizzata in modo semplice nella scrittura pianistica, che è basata su un accompagnamento accordale, ma risulta estremamente raffinata nell'effetto armonico e coloristico, secondo lo stile tipico del musicista.

Grieg Ninna nanna di Margrete

Il testo originale è in lingua norvegese; si canta abitualmente anche in tedesco; ne riporto la traduzione italiana:

Svanisce la parete, scompare il soffitto,
su su verso il Cielo,
su su dritto, dritto vola
il principe Haakon sulle ali del sogno.

Dalla Terra fino al Cielo
si alza la scala che il principe Haakon
sale fino in cima, con gli angioli
custodi dei bimbi piccini.

Che Dio ti benedica
principe Haakon
La tua mamma e custode
sempre veglia su di te!

Il breve pezzo è tripartito, in corrispondenza con le tre brevi strofe della poesia: la parte centrale rappresenta un momento di maggiore intensità emotiva, evidenziata dalle alterazioni cromatiche della linea melodica e dalla progressione ascendente verso l'acuto; tuttavia non è mutato il clima di dolce tenerezza che pervade tutta la composizione e che viene definitivamente suggellato dalla ripresa della parte iniziale.
Grieg

La cadenza plagale conclusiva del pianoforte sembra dare quasi la suggestione di un atteggiamento di preghiera.

Grieg


Per i motivi brevemente accennati, è richiesta sia al cantante che al pianista la ricerca di sonorità tenui e soffuse, peraltro suggerite dallo stesso testo musicale, che prevede addirittura un ppp (più che pianissimo) e una escursione massima soltanto al mezzo forte nel punto culminante della parte centrale.

Una buona esecuzione è quella del soprano Hendrickje Van Kerkhove con il pianista Nicolas Callot: clicca qui.

Esiste poi una versione per coro femminile, che non è stata fatta dal compositore, però è molto suggestiva, perché utilizza l'armonizzazione originale: clicca qui.

martedì 22 settembre 2015

L'arte della collaborazione pianistica nel Lied

Gerald Moore e Victoria de los Angeles


Uno studente di pianoforte può scoprire una vocazione particolare specializzandosi nella musica vocale da camera.

Il pianista inglese Gerald Moore (1899-1987) è passato alla storia come uno dei più famosi collaboratori di cantanti nel genere liederistico.

Nel suo libro "The Unashemed Accompanist" ("L'accompagnatore sfacciato") descrive il valore e il significato di questa particolare attività artistica. La sua conclusione è che il pianista collaboratore nella musica vocale da camera deve possedere tutto il deposito dei sentimenti umani, una fonte inesauribile di poesia, fuoco e romanticismo, ossia un cuore. In altre parole: è necessario, ma non sufficiente, avere una buona tecnica strumentale; occorre sentire il valore poetico dell'arte musicale.

Un esempio mirabile è dato dal Lied di Franz Schubert An die Musik (Alla musica), su testo di Franz von Schober:

Du holde Kunst, in wieviel grauen Stunden,
Wo mich des Lebens wilder Kreis umstrickt,
Hast du mein Herz zu warmer Lieb entzunden,
Hast mich in eine beßre Welt entrückt!

Oft hat ein Seufzer, deiner Harf' entflossen,
Ein süßer, heiliger Akkord von dir
Den Himmel beßrer Zeiten mir erschlossen,
Du holde Kunst, ich danke dir dafür!

Tu,arte soave, in quante grigie ore, 
quando il male di vivere mi assaliva, 
con il tuo caldo amore mi hai acceso il cuore, 
estasiandomi in un mondo migliore! 

Spesso un sospiro, uscito dalla tua magica arpa, 
un dolce, santo accordo ricevuto da te, 
mi ha aperto il cielo di un tempo migliore, 
o arte soave, ti ringrazio per questo! 

Il pianoforte "canta", proprio come la voce umana: accade nella introduzione (il canto è dato alla parte inferiore del pianoforte, suonato dalla mano sinistra) e poi nella frase pianistica conclusiva delle due strofe (nella parte superiore, data alla mano destra). 

Un esempio meraviglioso di questa arte interpretativa del Lied è dato dallo stesso Moore, ad esempio nella celebre esecuzione del 1957 con il soprano Victoria De Los Angeles.